Quando salgono su quel pulmino per Colonia nessuno dei due sa che finirà a fiori d’arancio e riso. È il 2005.
Lisa e Marco non si conoscono. Ma scambiano sguardi tra i sedili. Anche se lui, allenatore di basket, lavora a pochi metri di distanza da lei, a Favaro. Chissà quante volte le due metà si sono già incrociate senza riconoscersi. Per quello bastano due settimane di viaggio. Galeotta è la Giornata mondiale della gioventù. «Siamo tornati a casa che ci eravamo già messi assieme», ride adesso lei, che quel ventenne nel 2012 lo sposa e ci fa pure un figlio. Oggi hanno superato assieme i trenta, i lutti, le crisi di fede, i figli che non arrivavano. Ma sempre assieme.
E domenica 10, alle ore 15 in basilica di San Marco, Elisa e Marco parteciperanno – portando la loro testimonianza – all’Assemblea diocesana dei fidanzati. Tante giovani coppie, nell’occasione promossa dalla Pastorale della Famiglia, dialogheranno con il Patriarca Francesco.
Muro contro muro, una cosa inutile. «Quando fai un passo indietro riesci ad aprire la porta, o almeno a lasciare uno spiraglio per il confronto. Ma se marito e moglie fanno muro contro muro non vanno da nessuna parte».
E se a dirlo è uno che considera il suo matrimonio un «fare Chiesa nella mia casa» c’è da credergli. Marco Volpato risolve così i conflitti coniugali con la sua dolce metà. E ci riesce alla grande, visto che ne parlerà anche alla prossima assemblea diocesana dei fidanzati, domenica in San Marco, assieme alla moglie Elisa Favaretto.
I due sono stati scelti come esempio di fede. E sono pronti a testimoniare che «sposati è meglio» a tutte le coppie di fidanzati presenti e al Patriarca Francesco.
«È così normale per me avere mio marito a fianco…». Il matrimonio «è la normalità con cui riusciamo a parlare, a confrontarci, ad avere la stessa progettualità di vita – cerca con cura Lisa le parole – è il modo con cui riusciamo a ragionare, ad andare avanti, a migliorarci assieme, la voglia di trasmettere a nostro figlio la fede. Non è scontato trovare una persona con cui condividi valori, fede, voglia di famiglia, di figli. È difficile da spiegare agli altri, perché è così normale per me avere mio marito a fianco. Se succede qualcosa so che lui c’è. Ho la certezza che in qualsiasi situazione lui è al mio fianco. Che insieme riusciamo a camminare nelle difficoltà. Se devo farmi coraggio mi basta pensare che lui è accanto a me».
E le difficoltà ci sono. La più grande per Lisa è quella in cui ha perso il cugino, a cui era legatissima. «Mio marito mi è stato vicino sempre, mi sono ancora più legata a Marco. Ma per due anni sono stata arrabbiata con il Signore. Mi sono staccata da Lui. Ero furiosa perché me l’aveva portato via. Facevo il rosario e guardavo il crocifisso con una rabbia… Gli dicevo : “Ti ho pregato solo per questo, solo una cosa ti ho chiesto nella vita, di lasciare vivo mio cugino”».
Lisa smette di frequentare la parrocchia e si chiude a riccio. «Marco in quel momento ha sopportato il mio distacco e non mi ha forzata. È stato rispettoso in quel periodo di smarrimento». Una spalla fondamentale per ritrovare se stessa e la fede.
Un ritorno. Fino al giorno in cui «mi hanno chiesto una mano per la gestione del Grest parrocchiale e ho risposto va bene – racconta Lisa – e durante la messa di fine Grest mi sono fermata. C’era la parabola del figliol prodigo. Mi sono rivista in quel figlio smarrito e ho sperato in quel Padre che al suo ritorno lo abbraccia e lo ama senza spiegazioni. Ho sentito che il Signore mi richiamava in maniera forte. Mi mancava tutto: andare a messa, la vita della parrocchia».
«Quel disegno che il Signore ha fatto per noi». Così Lisa torna a frequentare e a coltivare la sua fede. E ad assecondarla c’è anche il marito, al suo fianco anche quando quel figlio tanto sognato tardava ad arrivare. «Ci chiedevamo perché – continua Lisa – e il percorso della redditio symboli con don Danilo Barlese, anche in questo, è stato fondamentale. Abbiamo capito che dovevamo abbandonarci tra le braccia del Signore. Abbiamo capito che non devi sempre decidere tu come devono andare le cose. Io piccola nella mia confusione, da sola, faccio tanto e non combino nulla. C’è un disegno che invece il Signore ha fatto per noi. Poi, tutto è arrivato nella semplicità più disarmante. E questo figlio tanto atteso ora è qui con noi».
«Vuol dire questo essere sposati – condivide il pensiero della sua sposa Marco -: condividere tutto, il quotidiano, le esperienze importanti, le cose belle, le cose brutte. Crescere confrontandosi nel dialogo e anche nelle litigate. Sposarsi in Cristo significa ricostruire quella che è la Chiesa, essere parte di quello che è il progetto di Dio».
Sposarsi è chiudere il cerchio. Pensare che Marco da piccolo non credeva molto nel matrimonio. «Le famiglie dei miei compagni di scuola erano per la maggior parte divorziate. E quando ho cominciato a frequentare le ragazze mi chiedevo: “Ma chi me lo fa fare di impegnarmi con una persona per sempre?”. Invece sposarsi è chiudere il cerchio. Ricominciare. Se credi in Dio non puoi non sposarti. La famiglia è il matrimonio. È fare Chiesa nella tua casa».
E come si fa a capire che proprio lei è quella giusta? «Troppi puzzle con lei si incastravano. Ci siamo trovati lì, proprio alla Gmg, venivamo da storie finite male. Non ne vuoi più sapere niente e invece e con lei ti trovi nel caos di nuovo e più di prima. Lo capisco ancora oggi dal fatto che una frase posso cominciarla io e può finirla lei. Che litighiamo e risolviamo. Come ci riusciamo? Bisogna partire con l’ammettere le proprie responsabilità, fare un passo indietro da una parte e dall’altra. E in tutto questo il confronto con la Parola e il dialogo con Dio aiuta a capire se stessi nel dove aprire uno spiraglio per venirsi incontro».
Giulia Busetto