La sua vocazione non la descrive come una “folgorazione”, ma come un qualcosa che gli è cresciuto dentro un po’ per volta, grazie alla strada che il Signore gli ha indicato, aspettando una sua risposta.
Un sì che si è fatto un po’ attendere, è vero, fra paure e indecisioni legate ad una scelta di vita che avrebbe cambiato in modo radicale l’intera sua esistenza.
Primo di otto figli. Un sì arrivato poi in tutta la sua pienezza, portandolo a mettere da parte definitivamente le domande profonde che fino a quel momento si erano accavallate, portandolo ad interrogarsi sul futuro che avrebbe voluto davvero per se stesso, guidato dalla Sua mano.
Don Filippo Malachin, primo di otto figli, ha 36 anni; nato a Padova – la sua parrocchia di riferimento è quella di San Giovanni Bosco – ha studiato architettura allo Iuav della città lagunare e insieme alla famiglia ha sempre frequentato il Cammino neocatecumenale.
La sua ordinazione sacerdotale avverrà sabato 3 luglio, alle 10, nella basilica della Salute, e lo stato d’animo che in queste ore sta prevalendo è certamente quello di una grande emozione.
Soltanto gli esami con cui è stato alle prese fino a qualche giorno fa – su invito del Patriarca Francesco il giovane sta infatti studiando a Roma, alla Pontificia Università della Santa Croce, una licenza in Teologia liturgica, percorso che si concluderà il prossimo anno – hanno contribuito a fargli spostare l’attenzione su altro.
«Da una parte sono in attesa, un po’ in tensione. Dall’altra sono contento, perché penso sia un grande dono che il Signore mi fa e perché vedo l’affetto di tante persone che mi stanno dimostrando la loro vicinanza», riflette don Filippo, rivolgendo un pensiero agli amici e familiari che quel giorno vivranno la cerimonia accanto a lui.
«Nella Sua volontà trovi la serenità». «Sarà un bel momento, da mantenere come fondamento per il futuro. Penso anche a quello già vissuto del diaconato: ero lì, davanti al Patriarca… A 16 anni non avrei mai pensato di potermi trovare in una situazione simile, contento e felice. Quando si dice che nella Sua volontà trovi la serenità, è vero, non è una cosa finta».
E aver intrapreso la strada del sacerdozio in età consapevole, intorno ai 29 anni, per don Filippo significa averla scelta con maturità. «Per com’è la società di oggi è importante essere ben pronti. Altrimenti il rischio è di essere un po’ buttati nella “bolgia”».
Rispetto a quand’è entrato nel Seminario patriarcale, il giovane si sente diverso, pur nella consapevolezza di doversi continuamente confrontare con i propri limiti umani.
«Da ragazzo ero scettico sul sacerdozio…». O meglio, il percorso vissuto – fatto di regole da rispettare, obbedienza e preghiera costante – sente che l’ha aiutato a maturare come uomo, persona, prendendo più seriamente la vita anche nell’ambito delle decisioni.
«Durante l’adolescenza sentivo un certo rifiuto nell’intraprendere questa strada. Ero scettico, al che ho cercato la vita in altro, pur continuando a frequentare parrocchia e Comunità del Cammino. In me c’era il desiderio di formare una famiglia, ma in modo autoreferenziale. E oltretutto avevo un’idea del matrimonio un po’ idealistica».
Prima la laurea in Architettura, poi un lavoro nel settore in Svizzera, che gli piaceva molto.
Eppure don Filippo – anche alla luce di alcuni fallimenti affettivi – non si sentiva pienamente soddisfatto.
Mentre dalle piccole, semplici cose che faceva frequentando la Comunità riceveva di più rispetto a tutto il resto. Gli interrogativi profondi sono arrivati verso i 26 anni. «Non capivo dove stessi andando: il mio periodo lavorativo era finito e nel Cammino cercavo di comprendere dove fosse Dio in tutto questo. Sono andato anche un po’ in crisi dal punto di vista della fede. La risposta? L’ho ritrovata nel fatto che non vedevo Dio poiché non avevo mai messo realmente la mia vita in Lui. Così, cogliendola come una sfida, ho dato la disponibilità a verificare la mia vocazione».
Il momento del “sì”. Nel frattempo Filippo torna a lavorare in Svizzera, conscio di come dinanzi ai suoi piccoli progetti quelli di Dio siano ben più grandi. I timori tuttavia non mancano e all’incontro vocazionale in programma, organizzato dal Cammino, non è certo di voler partecipare, finché un sacerdote svizzero lo illumina. «Se dovessi guardare a tutto quello che vorrei fare io, non farei mai nulla», dice a Filippo, che sente di aver dato poca possibilità a Dio di agire nella sua vita.
Va all’incontro, consapevole che potrebbe essere destinato a qualsiasi missione nel mondo, ma viene “sorteggiato” per andare a Venezia. La spinta giusta, verrebbe da dire, a cui il giovane risponde con un sì. «In quel momento il Signore mi ha donato una pace mai provata prima che, nonostante le difficoltà della vita, mi accompagna ancora oggi. Non ho alcun rimpianto, anzi. Il Signore mi dà serenità e le mie indecisioni sono sparite».
Marta Gasparon