Una comunità che si rinnova e “ringiovanisce”, piccola ma vivace. Questo il ritratto del Seminario Patriarcale di Venezia che si prepara a vivere domenica prossima la sua giornata diocesana.
Per il Rettore, don Fabrizio Favaro, «una realtà di Chiesa che vive con semplicità la gioia di scoprire il volto del Signore».
Dieci giovani uomini, di età compresa tra i 19 e i 33 anni, con una significativa concentrazione numerica nei primi due anni di Seminario e alcuni anni di “vuoto” e presenza di provenienze extra-diocesane (anzi, internazionali).
Don Favaro, come si presenta il Seminario oggi?
Abbiamo attualmente dieci seminaristi. Di questi tre sono stranieri e sono legati al Cammino Neocatecumenale (uno spagnolo, un brasiliano ed un colombiano). Vi sono poi altri due seminaristi cresciuti in Diocesi, entrambi al primo anno (uno di Mestre e uno di Venezia) che son anch’essi legati al Cammino. Se un giorno saranno ordinati presbiteri, lo saranno per il Patriarcato di Venezia ed entreranno a far parte effettivamente e non solo formalmente del presbiterio diocesano e a servizio di questa Chiesa particolare. La metà, quindi, riflette delle esperienze di fede legate ai movimenti. È un dato significativo che, tuttavia, mi sembra non interroghi molto la nostra Chiesa diocesana ed in particolare le comunità parrocchiali.
L’età media si è alzata o abbassata?
Negli ultimi anni, complice forse anche una attività vocazionale del Seminario rivolta a giovani delle superiori, l’età media si è abbassata. Questo comporta degli elementi positivi accanto a delle attenzioni peculiari da avere. I seminaristi non sono diversi dai loro coetanei, vivono le medesime fragilità. Tuttavia, si sperimenta una marcata disponibilità e freschezza nella vita comunitaria. Il Seminario è una realtà vera e completa di Chiesa che vive con semplicità la gioia di scoprire il volto del Signore.
Come si presenta la proposta formativa del Seminario oggi?
Nei primi due anni, detti della “Comunità Vocazionale” che corrisponde all’anno propedeutico e al primo e vero proprio anno di Seminario, che ha una funzione ingressiva e propedeutica, i giovani sono invitati a vivere un autentico discepolato del Signore, approfondendo anche alcuni contenuti della loro fede. Attualmente abbiamo due seminaristi nell’anno propedeutico e quattro nel primo anno. Ci aiutano in questo le Suore Carmelitane del monastero di San Giuseppe a Cannaregio e la famiglia Tripodi, legata all’associazione “Papa Giovanni XXIII” presso le Muneghette. Non mancano altre attività in parrocchia e una serie di proposte comunitarie, volte a scoprire i caratteri essenziali del discernimento vocazionale. Vi è poi la comunità di Teologia, composta da coloro che sono decisamente orientati al ministero ordinato, configurandosi con lo studio ed il servizio a Cristo sacerdote e servo. La comunità di teologia è oggi composta da quattro seminaristi: uno al quinto anno, uno al sesto anno e due diaconi, i quali però stanno vivendo gli ultimi mesi soprattutto in parrocchia, dopo essere stati per un buon periodo nella missione africana di Ol Moran.
Vi è dunque un “salto” di anni…
Vi sono infatti tre anni di buco, dovuti a precedenti dimissioni o interruzioni del cammino di discernimento e formazione di alcuni giovani. Questo comporta uno sbilanciamento significativo sui più giovani.
Il Seminario è una realtà chiusa?
Questo è una di quelle affermazioni che si sentono ripetere spesso da chi non conosce il Seminario e i seminaristi o non vi mette piede da parecchi anni. In realtà, oggi i seminaristi corrono il rischio di avere troppe sollecitazioni. Oltre alle molte proposte formative del Seminario (studio, esami, incontri, momenti di preghiera e ritiri) i ragazzi prestano servizio nel fine settimana in parrocchia e poi continuano ad avere la possibilità, nei limiti del possibile, di curare altri cammini spirituali compatibili, come quello Neocatecumenale o quello delle Dieci Parole. Vi è poi il servizio dell’accoglienza di molti gruppi di parrocchie e altre realtà che desiderano conoscere il Seminario: in questo caso i seminaristi offrono spesso delle testimonianze. Non mancano infine gli appuntamenti diocesani. Questo chiede a noi educatori lo sforzo di trovare il giusto equilibrio fra vita comunitaria e partecipazione ad altre iniziative. Nelle diverse parrocchie i seminaristi stringono rapporti e relazioni con alcuni giovani e famiglie e così capita abbasta spesso che organizzino una domenica pomeriggio al parco, una gita nei giorni di vacanza, una cena in famiglia in un fine settimana libero…
Cosa può testimoniare il Seminario alle parrocchie?
Che viviamo realmente della novità di vita che sorprendentemente il Signore ci offre ogni giorno. Il Seminario vive grazie alla forza della preghiera e all’azione soprannaturale dello Spirito Santo. Che la vita cristiana e la proposta pastorale non è un fatto organizzativo ma la testimonianza di un incontro con il Signore che è avvenuto e continua ad accadere nella nostra vita. Possiamo testimoniare inoltre che si può e si deve osare con i giovani: bisogna indicare un orizzonte grande e saper scommettere su di loro. Troppe volte invece si tenta di fare proposte piccole, senza osare, o si fa di tutto per tenere i giovani attaccati a sé. La vita del Seminario invece ci educa ad una gratuità e a investire sul futuro della Chiesa con speranza. (GV)