Il pastore incontra la sua gente, la conferma nella fede e, se c’è un motivo di rinnovamento o un passo in più da compiere verso la santità, lo indica.
È il senso di fondo della Visita pastorale, il gesto sacramentale compiuto dal vescovo che incontra il popolo di Dio e lo conferma: lo regge, corregge e sorregge.
La Chiesa di Venezia è alla vigilia dell’avvio di questo gesto che, a tappe, coinvolgerà tutte le realtà della Diocesi per circa un lustro.
Un’occasione per tornare a gustare il Vangelo e testimoniarlo. L’avvio è la solenne celebrazione che il Patriarca Francesco presiederà domenica 15 ottobre, alle ore 15, nella chiesa del Sacro Cuore a Mestre (nella foto: nel particolare una celebrazione al Sacro Cuore; in grande un interno della Basilica di San Marco).
Questo evento di grazia che è la Visita pastorale, spiega il Vicario per la pastorale, don Danilo Barlese, «è occasione per ricentrare la vita cristiana su Gesù, affinché ogni comunità torni a gustare il Vangelo e a testimoniarlo in tutti i suoi membri».
Ed è anche «l’occasione perché ciascuna realtà della nostra Chiesa riscopra il suo posto, la sua vocazione e la sua missione, come singolo, famiglia, gruppo o parrocchia».
Una conferma nella fede, una rinnovata consapevolezza della propria vocazione, ma anche la sottolineatura che ciascun credente è chiamato a custodire la comunione; ossia che la pluriformità nell’unità è un bene prezioso, da preservare e alimentare. E rispetto al quale chiedere al Signore che si compia la Sua volontà, perché questa è tensione verso la comunione e conduce alla comunione.
Discepoli e missionari, un binomio inscindibile. Una preghiera – questa per la comunione – che non esenta dalla responsabilità: «Ciascuno – chiarisce don Barlese – è chiamato a dare il proprio contributo proprio perché fa parte dell’unica famiglia dei figli di Dio. E questo essere figlio di Dio induce a legare strettamente i due termini di discepolo e missionario, così come indica Papa Francesco nella Evangelii Gaudium».
La Visita pastorale è, in questo senso, «il momento privilegiato in cui il vescovo incontra il popolo di Dio in tutti i suoi aspetti e nel territorio in cui vive, rendendosi presente come fondamento visibile dell’unità della Chiesa particolare. In sostanza, si rende presente la figura e la persona del vescovo, chiamato a consolare, incoraggiare, rianimare e orientare il popolo di Dio, in vista di un rinnovamento della vita cristiana».
Tre parole per un cammino comune. In questo incontro si mettono a fuoco le indicazioni prioritarie ed emergenti, che orientano la vita della Chiesa locale. Il Patriarca Francesco ha indicato tre parole chiave: sinodalità, collaborazioni pastorali e cenacoli: «La Visita pastorale – prosegue il Vicario episcopale – è occasione preziosa per vivere concretamente la sinodalità, aldilà di qualsiasi astratta teorizzazione. L’obiettivo è cioè che la Visita aiuti a far crescere la presa di responsabilità dei battezzati, mettendo in crescente e profonda comunione presbiteri, religiosi, diaconi e laici, così che si incontrino, si conoscano e lavorino insieme».
Per creare il cenacolo della collaborazione. Lo strumento che, in questo nostro tempo, è stato individuato per accrescere la sinodalità e la comunione ecclesiale è la collaborazione pastorale: «Al suo interno si tratterà poi di individuare gradualmente preti, laici e religiosi che si prendano a cuore questo processo, creando il cenacolo della collaborazione».
La Visita pastorale ha poi un ulteriore obiettivo, precisato dal vescovo Francesco nella lettera di indizione della Visita stessa: una riflessione comune sull’uso delle strutture all’interno delle varie articolazioni della nostra Chiesa: «Sarà infatti cura del Vescovo – precisa il Vicario per la pastorale – con l’aiuto dei suoi collaboratori e della stessa comunità visitata, valutare le strutture e gli strumenti a servizio della pastorale, in vista anche di una opportuna perequazione dei beni tra le comunità. Così che non ci siano comunità che vivono nell’abbondanza e altre che soffrono per mancanza del necessario».
Il senso della perequazione delle strutture. È una maggiore consapevolezza di fede, annota don Danilo, «che ci domanda anche di ripensare le strutture di cui la nostra pastorale ha bisogno e di cui si serve. Esse vanno conservate e, se è il caso, potenziate o, comunque, sempre “rimodulate”. Dal punto di vista del metodo, l’idea di fondo è che, con gradualità, molte di queste analisi e proposte possano essere condotte dai cenacoli, in accordo e comunione con il vescovo e le comunità».
Giorgio Malavasi