Sta per compiere 31 anni ed è entrato in Seminario a 25. Prima, Daniele Cagnati, originario di Jesolo Paese, aveva lavorato come ragioniere nello studio di un commercialista. Ma c’era quella voce, quella chiamata, che lo incalzava e a cui, alla fine, non ha saputo sottrarsi. «Ci ho provato – racconta – ho tentato di rigettare quella spinta per sette anni». Ma alla fine è arrivato a dire “sì”. E adesso Daniele sta per diventare diacono, quel gradino che precede l’ordinazione sacerdotale.
Lo sport, la musica, il lavoro: la vita di Daniele sembrava aver preso una direzione decisa. «Fin dalle superiori ho lavorato, come la maggior parte dei ragazzi di Jesolo che d’estate fanno la stagione. Dopo il diploma in ragioneria ho trovato lavoro nello studio di un commercialista dove sono rimasto per sei anni». Intanto c’era la passione per il rugby che lo teneva impegnato. «Sono arrivato fino ad essere chiamato ad una Selezione del Triveneto, ma poi mi sono lussato una spalla e ho smesso».
E la musica – il canto lirico – che sembrava poter diventare qualcosa in più di una passione. «Avrei voluto frequentare il conservatorio. Poi, quando ho iniziato a lavorare, ho preso lezioni private e intanto ho iniziato a cantare in un coro. Ho sostenuto un provino con il maestro di Bocelli, a Bologna. Le prospettive c’erano tutte, ma ad un certo punto ho capito che non era quella la mia strada».
Una risposta non immediata. La “chiamata” si stava facendo più insistente. Anche se la risposta di Daniele non è arrivata subito. «Da bambino ho sempre frequentato la parrocchia ma, a parte un periodo in cui mi divertivo con mia sorella a fingere di celebrare la messa a casa, non avevo mai pensato all’idea di farmi prete. E’ stato intorno ai 17 anni, quando ho iniziato a fare il chierichetto, pur essendo ormai grande per questo tipo di servizio, che ogni tanto questa idea mi veniva in mente. Ma la mettevo da parte. Dicevo a me stesso: “Non mi sento all’altezza”. Ho fatto la mia vita, ho avuto delle fidanzate, ho lavorato e sentivo che quella domanda c’era ma cercavo di nasconderla. Poi nel 2013 si è fatta sempre più insistente così ho iniziato a parlarne con qualcuno. Il primo è stato il cappellano di quando ero adolescente, don Alessandro Panzanato, poi diventato parroco a Ca’ Savio. Quando gliel’ho detto, piangendo, mi ha risposto: “Era da quattro anni che ti aspettavo, ma non ho voluto forzarti”. E poi ne ho parlato con don Morris Pasian, che è della mia parrocchia: era già segretario del Patriarca e ha organizzato un incontro con lui. Anche il Patriarca mi ha detto che da tempo vedeva per me questa strada».
Presa ormai la decisione, Daniele ne ha poi parlato con i genitori che all’inizio non l’hanno presa bene. «I primi due anni di Seminario sono stati difficili, non accettavano la mia scelta. Ricordo che mio papà mi veniva a prendere nel fine settimana a Punta Sabbioni e il tragitto in macchina era penoso, con lui sempre in silenzio». Poi piano piano le cose sono cambiate. «Anche su questo aspetto ho avuto la conferma della mia vocazione, perché il Signore ha lavorato con loro. Mio papà, che prima andava solo a messa la domenica, ora è impegnato in parrocchia in numerose attività. Adesso mamma e papà hanno accettato la mia scelta».
Negli anni in Seminario Daniele ha svolto servizio in diverse parrocchie (Jesolo, Lido, Caorle, San Giuseppe, Corpus Domini e ora a Favaro) e per un anno ha portato la testimonianza del suo cammino vocazionale ogni domenica in una parrocchia diversa. «Non ho ancora idea di che tipo di sacerdote vorrei essere. Però c’è un passo degli Atti degli Apostoli che mi ispira: “E le folle, unanimi, prestavano attenzione alle parole di Filippo, sentendolo parlare e vedendo i segni che egli compiva…”. Vorrei che in me le persone vedessero almeno in minima parte il riflesso del Signore, della sua presenza».
Serena Spinazzi Lucchesi