Si chiama Augusto Prinsen, ha 32 anni ed è nato in Olanda. «A Leiden, la città di Rembrandt», precisa. Papà olandese, mamma molisana (di Campobasso), Augusto ha ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana in Olanda, dove ha fatto anche il chierichetto (e da più grande il cerimoniere). «A 8 anni – racconta – ci siamo trasferiti a Varese. Sono cresciuto in un ambiente italiano, anche se frequentavo la scuola internazionale, continuando a parlare la lingua olandese». Gli studi sono proseguiti fino alla laurea in ingegneria meccanica al Politecnico di Milano, seguiti dal lavoro, nell’ambito della cantieristica, con esperienze sia in Italia che in Germania (una raffineria, un inceneritore e persino un’azienda produttrice di elicotteri).
L’ingresso in Seminario, a Venezia, è avvenuto nel 2013. «Diciamo che le prime avvisaglie della vocazione le avevo già avvertite da bambino. Ma solo più tardi ho intuito che davvero il Signore mi chiedeva qualcosa di più». La reazione di “Gus” è umanissima: «All’inizio ho avuto paura. Non avevo coraggio di dire di sì, ma non volevo neanche dire di no al Signore. Allora ho fatto una cosa furba, gli ho chiesto che fosse lui a darmi questo coraggio. Io non ho fatto nulla, ha fatto tutto Lui».
Così avviene l’ingresso in Seminario, optando per Venezia che ora Augusto considera a tutti gli effetti la sua diocesi: «Essendo arrivato in Italia dopo aver già ricevuto i sacramenti dell’iniziazione cristiana – spiega – non ho mai frequentato il catechismo, né l’oratorio tipicamente lombardo. Ma non mi sono mai riconosciuto nel rito ambrosiano, per questo ho fatto un anno di discernimento a Venezia e poi sono entrato in Seminario. Devo ringraziare il Patriarca Francesco per avermi dato questa possibilità. E quando sono arrivato qui, ricordo che mi sono subito sentito a casa. Ero in parrocchia da don Paolo Bellio e, quando ho visto i canali, mi sembrava di essere in Olanda. Oggi mi sento appartenente in tutto e per tutto a questa diocesi e per questo provo grande gratitudine».
Una scelta che non ha stupito. La scelta di entrare in Seminario ha colto un po’ di sorpresa i familiari, «ma non l’hanno mai osteggiata. Hanno piuttosto cercato di farmi riflettere, perché ci pensassi bene. Ma chi mi conosce mi dice di non essersi stupito della mia decisione».
Negli anni veneziani Augusto ha prestato servizio in numerose parrocchie (Campalto, Lido, S. Barbara, Gazzera, Caorle, Mira e San Lorenzo), ha seguito i gruppi scout diventando scout a sua volta, ma è stato anche docente di religione per un anno al Collegio Morosini. Inoltre ha svolto servizio in carcere: «Un luogo dove davvero puoi incontrare il Signore. Le parole del Vangelo, soprattutto quelle della Passione di Cristo, lette in carcere hanno un significato diverso».
Arrivato a un passo dal diaconato, con il traguardo del sacerdozio oramai in vista, Augusto prova ad immaginare come sarà il suo modo di essere prete: «Penso che più di tutto vada accettato il fatto di essere se stessi, senza necessariamente ispirarsi alla figura di qualcuno in particolare. Il Signore mi ha voluto così», dice aggiungendo un desiderio: «Tempo fa ho letto l’intervista fatta da Vittorio Messori al vescovo Alvaro Del Portillo, che poi sarebbe stato beatificato. Ricordo che il giornalista scrisse che mentre lo intervistava cresceva dentro di sé la voglia di andare a confessarsi da lui. Ecco, vorrei da sacerdote diventare uno che rende desiderabile, bella e facile la strada che conduce al Signore. Non posso dire, oggi, con quali modalità, ma è ciò a cui aspiro».
Serena Spinazzi Lucchesi