È un documento tutto incentrato sull’amore nella famiglia e teso a far sì che la bellezza e la verità del Vangelo della famiglia diventino proposta significativa e capace di raggiungere tutti. Lo riafferma più volte padre Bruno Esposito davanti al Patriarca Francesco, ai sacerdoti e ai diaconi della Diocesi nell’incontro svoltosi al Centro pastorale card. Urbani di Zelarino su “Amoris laetitia”, l’esortazione postsinodale di Papa Francesco.
«La sfida – spiega padre Esposito che ha partecipato ai due Sinodi sulla famiglia, collabora con la rivista “Civiltà Cattolica”, è professore della Pontificia Università San Tommaso d’Aquino e penitenziere nelle basiliche romane – è inculturarne oggi i principi generali. Scopo del testo, lo diceva bene il card. Baldisseri nel presentare “Amoris laetitia”, non è cambiare la dottrina ma ricontestualizzarla a servizio della missione della Chiesa e, quindi, dei fedeli». A servizio pieno della salute delle anime concrete e non astratte di oggi.
«Sono convinto – osserva – che con “Amoris laetitia” siamo in continuità con l’insegnamento precedente del magistero, negli aspetti sostanziali, anche se il modo può apparire nuovo e originale. Occorre però che questa dottrina sia approfondita ed esposta secondo quanto richiesto dai nostri tempi. Già Giovanni Paolo II invitava ad aiutare le persone a prendere coscienza del fatto che la volontà di Dio non è mai contro la felicità delle persone ma la realizza nel modo più perfetto».
Quali sono le novità rivoluzionarie del testo? Padre Esposito è convinto che «l’esortazione conferma, nella sostanza, la disciplina della Chiesa riguardo matrimonio e famiglia ma vuole essere un elettroshock nel modo di annunciare queste verità alle persone e alla famiglie concrete. Il Santo Padre ha la preoccupazione, quasi l’ossessione, per la salvezza delle anime e chiede di parlare al cuore e alla vita delle persone, al santuario di ogni persona che è la coscienza. Il Vangelo è buona notizia e non annuncio di disgrazia dal quale stare più lontano possibile…». Particolare considerazione va ai capitoli quarto e quinto, autentici capisaldi del testo, che sostengono la verità e la bellezza dell’amore e della famiglia e li presentano «non come ideali, a livello teorico, ma come modelli concreti, realizzati e realizzabili».
Un vero passepartout per comprendere“Amoris laetitia” e l’intento del Pontefice sta nel passaggio in cui Francesco scrive: «Siamo chiamati a formare le coscienze, non a pretendere di sostituirle» (n. 37). «La vera conversione – prosegue – parte dall’esperienza dell’amore gratuito di Cristo e non dalla giustificazione dei propri peccati. La legge della gradualità riguarda la responsabilità soggettiva delle persone, non va trasformata in gradualità della legge presentando il male come un bene imperfetto. Tra bene e male non c’è gradualità. La Chiesa non deve cessare di insegnare la verità oggettiva del bene e del male mostrando che tutti i comandamenti divini sono esigenze dell’amore autentico».
E il «troppo famoso» capitolo ottavo non si pone «come qualcosa di nuovo, perché l’accompagnamento personale è sempre stato un imperativo della morale e della spiritualità cristiana, anche se non è stato da tutti praticato».
Nel suo intervento, poi, il Patriarca Francesco – rivolto ai sacerdoti – ha sottolineato la necessità di «recuperare la nostra identità di servitori, non di padroni, né del Vangelo né della coscienza degli altri che si riferiscono a noi per essere accompagnati. Il discernimento non è abbassare la persona ad un determinato livello ma alzare la persona al Vangelo, partendo dal far cogliere alla persona la verità della sua situazione. E qui c’è da ripensare molto, dalle fondamenta, le nostre pastorali…».
Alessandro Polet