Dal 18 dicembre 2023 al 7 aprile 2024 le Gallerie dell’Accademia di Venezia ospitano la Madonna in adorazione del Bambino dormiente, opera della prima maturità artistica di Giovanni Bellini e proprietà della Fondazione Luciano Sorlini di Calvagese della Riviera, in provincia di Brescia.
L’occasione precede un intervento di restauro a Venezia, affidato a Giulio Bono e patrocinato da Banca Intesa Sanpaolo nell’ambito del programma biennale di restauri Restituzioni.
L’opera è nota al mondo dell’arte con più nomi. Roberto Longhi la definì “Madonna in rosso” nel 1946 nel suo Viatico per cinque secoli di pittura veneziana, sottolineandone il cromatismo che la contraddistingue. Venne poi chiamata “Madonna Sorlini” dopo che, nel 2004, l’imprenditore e collezionista bresciano Luciano Sorlini la acquisì. Contestualmente alla scelta, venne istituita la Fondazione Luciano Sorlini, ente predisposto a custodire la collezione.
Il titolo originario è la Madonna in adorazione del Bambino dormiente, opera icona di Giovanni Bellini (1432/1433 circa – 1516), risalente alla prima maturità artistica dell’autore. Considerato che Giovanni Bellini nacque proprio a Venezia, la permanenza alle Gallerie dell’Accademia di Venezia prima del restauro segna il ritorno del patriarca della pittura rinascimentale veneziana e rimanda al legame prediletto che Luciano Sorlini intrattenne con Venezia.
L’iniziativa espositiva è resa possibile grazie agli accordi presi tra il Museo bresciano e le Gallerie veneziane di cui il prestito costituisce il primo passo.
Composta da 184 opere scelte dall’imprenditore bresciano Luciano Sorlini (1925-2015) in quasi cinquant’anni di acquisti sul mercato antiquario, la Collezione Sorlini costituisce oggi una delle maggiori raccolte italiane di pittura figurativa veneta e veneziana del XVII e XVIII secolo, resa accessibile al pubblico grazie all’apertura del MarteS Museo d’Arte Sorlini nel 2018. I dipinti giungono inizialmente per completare gli arredi delle sue residenze: il palazzo veneziano sul Canal Grande detto “Grimani dall’Albero d’oro” in Campo San Polo e il Castello di Montegalda Vicentina. Oltre ai grandi nomi – Tiepolo, Ricci, Guardi, Canaletto, Rosalba Carriera – sono rappresentati pittori meno noti, ma fondamentali per la comprensione complessiva delle arti figurative della Serenissima: Pittoni, Diziani, Molinari, Bellucci, Fontebasso e molti altri.
L’occasione consente la visione dell’opera all’interno della Sala V al primo piano delle Gallerie, adiacente alla Sala IV dedicata alle opere di piccolo formato di Giovanni Bellini, e in particolare all’evoluzione interpretativa del grande caposcuola sul tema della “Madonna col Bambino”.
I pittori Bellini furono la più importante impresa familiare della Venezia quattrocentesca, attiva tra gli anni Quaranta del XV secolo e il primo decennio del XVI secolo. L’accostamento di tele e tavole opera dei fratelli Giovanni e Gentile documenta i modi e la gradualità del processo di affrancamento dallo stile più arcaico del padre Jacopo, aprendosi alle novità del linguaggio rinascimentale elaborate a Padova da Francesco Squarcione, sulla base degli stimoli introdotti da Donatello.
Dal confronto tra le opere emerge la portata innovativa della pittura di Giovanni, che nel corso della sua lunga vita traghettò la pittura ancora influenzata dai modelli bizantini allo stile rinascimentale di Donatello e Mantegna, fino al tonalismo veneto di Giorgione e Tiziano.
La “Madonna Sorlini” è indicata dalla storiografia critica come centrale all’interno del catalogo dell’autore, sempre presente all’interno dei principali cataloghi ragionati dell’opera belliniana del 1974, 1992 e 1997. Il soggetto è quello maggiormente affrontato dall’autore, considerato tra i maggiori interpreti del tema della Madonna con il Bambino. La figura appare saldamente ancorata nella composizione mentre lo sguardo rivolto all’Infante tradisce la consapevolezza della Passione futura, confermata dagli elementi iconografici a corollario della composizione: il panneggio in cui è avvolto il bambino, trattato come un sudario, ed il manto rosso, all’epoca colore del lutto. L’originalità del dipinto è stata sancita da Roberto Longhi, che ne parla nel suo “Viatico per cinque secoli di pittura veneziana” (1946) citandola per la prima volta come “Madonna in rosso”. La tavola vanta un importante pedigree collezionistico ed espositivo: prima di giungere in Collezione Sorlini appartenne alla prestigiosa raccolta fiorentina del conte Alessandro Contini Bonacossi e fu esposta nell’importante mostra dedicata a Bellini, allestita a Palazzo Ducale di Venezia nel 1949.
Al termine della mostra l’opera sarà direttamente trasferita nel laboratorio di restauro di Giulio Bono, a Venezia, dove rimarrà sino alla fine del 2024. Di origini bresciane, insignito del Premio Grimani 2022 per il restauro artigiano e la conservazione delle opere storico-artistiche, Giulio Bono è il maggiore restauratore di opere veneziane di epoca rinascimentale. Suoi sono i restauri della Vecchia di Giorgione e della monumentale pala dedicata all’Assunzione della Vergine posta sull’altare maggiore della Basilica dei Frari: la più grandiosa opera su tavola eseguita da Tiziano, restaurata grazie al comitato internazionale Save Venice. Bono si è inoltre occupato di interventi conservativi su dipinti mobili su tavola e tela del XV e XVI secolo di Gentile Bellini, Piero della Francesca, Sebastiano del Piombo, Moretto, Jacopo Tintoretto, Paolo Veronese.
In occasione del restauro, patrocinato da Banca Intesa Sanpaolo nell’ambito del progetto Restituzioni, l’opera sarà oggetto di nuove indagini storico- artistiche. La curatela scientifica degli studi è affidata al professor Antonio Mazzotta, tra i massimi esperti di pittura belliniana.