«Nella lamentela generale per un turismo affrettato e poco interessato, l’esperienza di Ars et Fides rimane un punto fermo di qualità. Questo perché la gente scopre, oltre la bellezza della basilica di San Marco, anche il messaggio del Vangelo».
È il valore di fondo, in effetti, di questa proposta che anche quest’anno – come da decenni ormai – si è rinnovata: lo sottolinea don Gianmatteo Caputo, delegato patriarcale per i beni culturali e direttore della pastorale diocesana del turismo.
Don Caputo rimarca il valore di fondo di Ars et Fides in occasione della visita che, nella mattinata di sabato 27, le cinque giovani guide hanno fatto al Patriarca Francesco, al termine del loro servizio veneziano.
In queste due settimane i giovani si sono prima formati e poi hanno condotto visite guidate, offrendole gratuitamente a centinaia di persone ogni giorno.
Studenti universitari, i cinque giovani hanno garantito visite in inglese, tedesco, francese, spagnolo e italiano, cioè ciascuno nella rispettiva lingua madre. Un servizio reso possibile dal sostegno fattivo e dall’apprezzamento della Procuratoria di San Marco e anche dall’impegno di operatori e volontari dell’Ufficio Turismo e di altri uffici di Curia. Non ultima la collaborazione del Seminario patriarcale, che ha dato ospitalità ai ragazzi durante questo periodo.
«Anche se i giovani ogni anno cambiano, anche se è tanto tempo che proponiamo questa attività – continua don Caputo – non viene meno l’entusiasmo delle guide, la loro voglia di prepararsi e la qualità della visita offerta. Per la Basilica è un fiore all’occhiello poter avere dei giovani che accompagnano i visitatori ad una maggiore conoscenza e ad una migliore esperienza di San Marco».
Con il risultato di turisti sorpresi e, soprattutto, sinceramente grati: «Di fronte al racconto della storia della salvezza rappresentata nella Basilica – conclude don Gianmatteo – molti visitatori si meravigliano: “Non sapevamo – dicono – è affascinante”. È un far parlare la Parola di Dio attraverso la bellezza e con la voce di chi sa farla risuonare anche oggi, nel XXI secolo».
Giorgio Malavasi