“Moschini e l’erudizione storico-artistica a Venezia nel primo Ottocento”. È questo il titolo della giornata di studi che si terrà sabato 11 novembre, a partire dalle ore 9.30, nell’auditorium del Seminario patriarcale (Dorsoduro 1) a Venezia.
Si è colta infatti l’occasione dei 250 anni dalla nascita di questo sacerdote erudita, Giannantonio Moschini, primo curatore delle raccolte storico artistiche del Seminario, per avviare una riflessione sul ruolo che egli ebbe nel primo Ottocento nella conservazione dei beni culturali a Venezia, in un periodo di grandi spoliazioni e dispersioni del patrimonio di arte, fede e storia della città.
Gli interventi saranno numerosi e per questo brevi, ma avranno lo scopo di cominciare a tracciare una prospettiva lungo la quale continuare studi e ricerche. Il convegno, a cura di Silvia Marchiori e Vittorio Pajusco, vedrà infatti partecipazione di don Diego Sartorelli, don Gianni Bernardi, Andrea Zannini, Michele Gottardi, Irene Favaretto, Paolo Delorenzi, Luca Caburlotto, Isabella Collavizza, Antonella Bellin, Elena Catra, Enrico Noè, Paolo Pastres, Marina Niero e Camillo Tonini,
Giannantonio Moschini nacque nella parrocchia di San Cassiano, a Venezia, da Jacopo e Margherita Matti. La famiglia era benestante e poté quindi studiare alle scuole pubbliche dei Gesuiti. Nel 1790 entrò nei minori riformati, ma abbandonò l’ordine per la rigida disciplina, inadatta, tra l’altro, alla sua cagionevole salute. L’anno successivo divenne padre somasco.
Di intelligenza non comune, dotato di notevole memoria, già prima di farsi sacerdote era stato chiamato a impartire lezioni di grammatica superiore e poi anche di lettere umane nel seminario patriarcale di San Cipriano, a Murano. Nel 1796, finalmente ordinato, cominciò ad insegnare presso la casa somasca della Salute, nella quale fu in seguito trasferito lo stesso seminario (1818).
Dopo la caduta della Repubblica di Venezia, il Moschini si impegnò a raccogliere lapidi, bassorilievi, busti e monumenti funerari per arginare la dispersione delle opere d’arte. I manufatti vennero radunati nei chiostri della Salute e negli ex depositi del sale. Lo stesso fece per il patrimonio librario, recando nella biblioteca del seminario circa 30.000 tra volumi e codici, per gli arredi sacri e i dipinti. Alla fine del suo operato il seminario era divenuto uno dei luoghi più ricchi e culturalmente importanti della città.
Fu celebre anche per la stesura di numerosi elogi funebri (dedicati principalmente a esponenti del clero veneziano), panegirici e prediche morali, in parte pubblicati e in parte inediti.
Fu socio di numerose accademie e istituzioni culturali: Belle arti (1808), Filareti (1805), Belle lettere (1808) e, quando queste ultime due vi confluirono, dell’Ateneo Veneto (1812), dell’Ateneo di Treviso (1819) e della Tiberina (1838). Fu inoltre canonico metropolitano e fabbriciere della basilica marciana, vicedirettore dello Studio teologico e filosofico del seminario, cavaliere della Corona ferrea (1838) e membro del Regio Istituto veneto di scienze, lettere ed arti (1839).
Un convegno, sabato 11, sull’erudito Moschini, che portò 30mila libri al Seminario di Venezia
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