Tornare a scrivere con la penna. Soprattutto, tornare a scrivere in corsivo, perché è il modo migliore per allenare il pensiero e per renderlo fluido. Una vera ginnastica del cervello.
A suggerire una frenata all’uso delle tastiere, specie per i bambini, e all’uso dello stampatello nella scrittura è Sara Cordella. Grafologa di Marghera, docente di grafologia ed esperta chiamata per perizie e consulenze, Sara Cordella rilancia il valore della scrittura a mano e corsiva per la formazione dei più piccoli.
Lo fa durante un incontro tenutosi al bistrò La Piazza di piazza Mercato a Marghera. Un incontro di presentazione del volume “Foto-grafie del 1978”, in cui l’autrice ha riletto tramite la grafia una delle più rilevanti e tragiche vicende di quell’anno: il sequestro di Aldo Moro da parte delle Brigate rosse.
Ma la conversazione è occasione per ragionare anche su che cosa può dire di utile, oggi, la grafologia nell’educazione dei più giovani. «Il corsivo – spiega la grafologia – è funzionale a scrivere bene e velocemente e quindi a far sì che il bambino, quando scrive, non faccia fatica. Se, quando scrive, fa invece fatica, non apprezzerà mai la scrittura e neanche la lettura né lo studio».
È la fluidità del gesto della scrittura in corsivo a dover essere oggi riscoperta e valorizzata. «Riduciamo – sostiene Cordella – il ricorso allo stampatello minuscolo, che ha preso piede nelle scuole e che è di derivazione statunitense. Se insegniamo ai bambini a staccare troppe volte la penna dal foglio, è come se li inducessimo ad un continuo “spegni e accendi” del cervello. Ogni volta che si alza la penna dal foglio è come se si spegnesse la luce del pensiero, il suo fluire».
Semmai si tratta di insegnare a usare bene la penna, cioè a tenerla in mano correttamente. Cosa che spesso non accade: «Se do a un bambino un pennarello grosso e lui ha una mano piccola, è ovvio che investirà più dita del necessario. E così si diseduca il bambino a scrivere. Fin dall’inizio deve invece imparare a tenere l’impugnatura corretta: pollice e indice a morso, uno davanti all’altro, mentre il medio serve solo per appoggiare la penna; anulare e mignolo non servono. Questo garantisce lo scorrere corretto della penna. Ai bambini va insegnato questo, perché fino a 8 anni fanno in tempo a correggere; poi diventano disgrafici».
E l’aumento sensibile, negli ultimi anni, delle diagnosi di disturbi dell’apprendimento dipendono – secondo Sara Cordella – anche dall’uso poco corretto della penna e della scrittura.
Dopo la riforma dell’85, dice la grafologa, «tante maestre non sanno queste cose. Vado a fare loro corsi e mi accorgo che non lo sanno». Eppure, lavorare maggiormente sulla prevenzione, con pochi interventi educativi, servirebbe ad evitare una difficile rieducazione: «I bambini devono imparare a coordinarsi nello spazio. Con la scrittura e anche con il disegno. Il colorare senza uscire dai bordi, per esempio, è importante perché il piccolo impara così a muoversi nello spazio. E se diventa coordinato nella scrittura, diventa poi coordinato anche nel muoversi e perfino nel mangiare. Anche imparare a impugnare correttamente la forchetta è importante. Perché, alla fine, quando siamo coordinati con i movimenti, siamo coordinati anche con il pensiero».
Giorgio Malavasi