Il Veneto sceglie l’istruzione tecnica, reggono i professionali, regnano su tutti le scienze applicate. Resta sullo sfondo quel poco più del 3 per cento nazionale che ha scelto, anche nel 2023, il liceo classico. Una vittoria del sistema? «Il dato ancor più interessante è la supremazia dei nuovi licei scientifici sul tradizionale con il latino. Più che una fuga dal classico, siamo in presenza di una fuga dalla formazione umanistica».
La considerazione è del professor Diego Ellero, veneziano, docente di lettere all’Istituto tecnico Marzotto Luzzatti di Valdagno e autore del libro “Salire in cattedra. Vademecum per giovani insegnanti… e non solo”. (Marcianum press).
Professore, si è fatto un gran parlare dell’orgoglio finalmente ritrovato del recupero dell’istruzione tecnica. Ma il crollo del classico è davvero un successo?
Io insegno in un ottimo tecnico ma ho molti contatti anche con il liceo. Oltre al crollo del classico, mi sembra anche più interessante il calo dell’indirizzo scientifico tradizionale, cioè dello scientifico col latino, distinto dalle scienze applicate. E’ come se la tendenza fosse una fuga dalle materie più propriamente umanistiche. Non si considerano più greco e latino come una base per formare le persone destinate ad avere un ruolo nella società.
Tutto purché senza il latino?
Il greco si ritiene semplicemente inutile. Il latino si tende a cercare di evitarlo o a farlo molto all’acqua di rose, come avviene al liceo linguistico dove si studia per soli due anni. Quindi ecco il boom dello scientifico senza il latino. Nelle ultime riforme, hanno poi cominciato a chiamare licei anche quelli che licei un tempo non erano, come le scienze umane.
Un tempo però le iscrizioni al liceo erano in troppa parte dettate dal prestigio…
Volendo leggerla così, si potrebbe anche dire che oggi molti scelgono una scuola prestigiosa, quindi il liceo che scatena ancora il suo fascino, ma senza gli ostacoli del latino e del greco. Le scienze umane, il socio-economico, alla fine sono indirizzi che non hanno quella cultura solida che dava il liceo tradizionale, i ragazzi temo rischino di uscire con una preparazione molto generica. Studiare latino e greco si crede sia tempo perso, un po’ perché sono considerate materie molto difficili, anche se in realtà la matematica lo è anche di più, un po’ perché si è sviluppata una vera e propria sfiducia. Sarò di parte, ma credo che soprattutto il latino sia una materia fondante che dà una solidità nella formazione, non così sostituibile da altre materie scientifiche.
Eppure tutto spinge in un’altra direzione. Servono alte professionalità scientifiche, giustamente c’è una forte spinta alla formazione tecnica e scientifica al femminile. Dimentichiamo forse qualcosa?
Si parla molto delle “stem” (acronimo di science, technology, engineering and mathematics, ndr), si trovano anche molti finanziamenti in questo senso, la direzione presa è molto chiara. Si va anche, però, verso un settore umanistico sempre più trascurato.
Che l’istruzione tecnica sia un patrimonio su cui investire è ormai assodato…
Certo, i tecnici hanno recuperato terreno soprattutto in Veneto. Si è capito finalmente che frequentare un tecnico non vuol dire andare subito a lavorare. Dove insegno io, nel vicentino, capita in realtà che gli studenti non si iscrivano all’università perché subito raggiunti da più offerte di lavoro. Abbiamo dei tecnici che sono di un livello tale che possono andare a fare ingegneria senza alcun problema….
E intanto i classici cadono nel dimenticatoio…
Beh, forse ci hanno messo del loro….
Si spieghi meglio.
Oggi c’è l’idea che il liceo classico sia completamente scollegato dalla realtà. Non sono d’accordo, ma il voler mantenere immutato questo tipo di studi forse è stato un errore. Si poteva adeguare il classico ai tempi, lo si poteva aprire ad altre discipline. Non è giusto assecondare il gusto generale, ma neanche porsi come un baluardo che alla fine crolla. Ha senso, in prima scientifico, studiare cinque ore di latino e quattro di italiano?
La domanda è sempre la stessa e gliela riformuliamo: a cosa serve studiare greco e latino?
La verità è che la solita domanda è mal posta. Nell’immediato non serve a nulla. Questo studio ti dà una struttura mentale, una cultura generale e una capacità di affrontare problemi complessi, come fa la matematica, ma con un taglio umanistico e quindi con una profondità di pensiero e di riflessione, che una formazione solo scientifica non può dare. Stiamo perdendo un patrimonio di cultura umanistica (non solo classica!). Non studiare latino vuol dire conoscere meno bene la lingua italiana nelle sue sfumature. Un problema che, alla lunga, rischia di diventare davvero serio.
Maria Paola Scaramuzza