Nell’Agenda del patriarca Angelo Giuseppe Roncalli (edizione critica e annotazione a cura di Enrico Galavotti, pubblicata nel 2008 per l’Istituto per le Scienze Religiose), al giorno 21 febbraio 1954, domenica, pag. 224, leggiamo: “Il reduce della Russia Egidio Riccò regolarizza il suo matrimonio religioso in cappella con alcuni stretti parenti, e due testimoni ufficiali. Nozze: S. Messa e Comunione. Cose fatte bene per lo zelo di mgr. (sta per mons., ndr) Loris che a tutto provvide e tutto combinò. A cerimonia finita gli sposi fecero una piccola colazione, ed io li ricevetti nel mio studio con parole, un regalo (icona) e benedizione incoraggiante”. E il martedì precedente 16 febbraio sempre sulla stessa Agenda leggiamo: “Alle 19 ricevo l’ex prigioniero di Russia sottocapo di Marina Egidio Riccò”.
A raccontare i precedenti di questo matrimonio particolare è Loredana Riccò, figlia di Egidio e di Liliana Ricci, nata nel novembre del 1942 a Pola, dove sua madre risiedeva e suo padre era militare della Marina italiana.
E la giovane coppia in quella città dell’Istria, allora appartenente all’Italia, aveva in programma di sposarsi.
Ma dopo l’armistizio dell’8 settembre del ’43 i militari italiani vennero considerati nemici dagli ex alleati tedeschi.
Fu così che Egidio, che si trovava in servizio a Lero, un’isola greca del Dodecaneso, venne fatto prigioniero, insieme ad altri militari italiani, dai Tedeschi e sarebbe stato deportato in Germania, se tutti, Tedeschi e Italiani, a loro volta non fossero stati fatti prigionieri dai Russi.
Deportato in vari posti dell’Unione Sovietica, anche in Siberia, nei gulag staliniani, Egidio venne dato per disperso e morto, finché nel febbraio del ’54 venne liberato insieme a un gruppo di prigionieri.
“Avvertiti dal Ministero – ricorda Loredana, che allora aveva 11 anni – il 13 febbraio andammo ad accoglierlo a Udine: mio papà mi aveva visto una sola volta a Pola, quando avevo 4 mesi… lui per me era un perfetto estraneo, come io per lui! Nella stessa giornata con i mezzi messi a disposizione dalla Marina Militare andammo dritti a Venezia, dove la famiglia di mio padre risiedeva, mentre quella di mia madre, profuga da Pola nel ’47, viveva a Imperia. Mio padre era denutrito e nonostante avesse solo 39 anni sembrava un vecchio”.
Questo ritorno fu la notizia principale di giornali e cinegiornali dell’epoca e venne festeggiato anche dal Comune di Venezia. Anche il patriarca Roncalli si premurò di ricevere subito il reduce Riccò e di regolarizzare il suo matrimonio.
Perché il fatto che non erano sposati i suoi genitori era cosa che, per la mentalità dell’epoca, se reso pubblico, avrebbe provocato scandalo. Per cui non lo sapeva neppure la piccola Loredana, che fu tenuta all’oscuro di questa cerimonia in patriarcato.
La ricostituita famiglia Riccò, in cui nasceranno altri tre figli, una femmina e due maschi, vivrà poi al Lido di Venezia, perché Egidio, che morirà nel giugno del 1983, svolgerà servizio come maresciallo all’Arsenale, mentre la moglie morirà nel ’73 all’età di 50 anni.
Quando Loredana si sposa, va a vivere a Marghera, dove frequenta la Casa del Fanciullo, e dopo 26 anni, nel settembre del ’99, si trasferisce a Favaro Veneto, dove risiede attualmente. Da questa vicenda nasce l’amicizia di Loredana e di tutta la sua famiglia con don Loris Capovilla. «L’avevo sentito pochi mesi prima che morisse – confida – aveva una voce flebile. Continuavo a chiamarlo monsignore anche da cardinale… la sua dolcezza!».
Gino Cintolo