Venezia che si spopola. «Perché non pensare agli studenti fuori sede? Molti di loro vi si fermerebbero volentieri; da laureati, in cerca di lavoro, desiderano poter continuare ad abitare in città». Don Gilberto Sabbadin è responsabile diocesano della pastorale universitaria: «È una delle ultime chance, secondo me, per favorire la residenzialità nel capoluogo veneto, puntando, per esempio, a canoni agevolati».
I ragazzi della casa studentesca S. Fosca, a Cannaregio, Venezia la guardano anche da Punta San Giuliano. Vedere la propria casa da fuori è una metafora: un richiamo a non essere ripiegati su se stessi, ma a guardare le cose da una prospettiva più vicina a quella di Dio.
Un pomeriggio alla settimana, durante l’estate, lo trascorrono proprio nel parco di Mestre, per poi spostarsi al Corpus Domini e incontrare don Gilberto, che collabora in quella parrocchia: «Ceniamo assieme, mi fanno domande, si raccontano; capita spesso di fare tardi».
Sono un centinaio e vengono, a turno, una decina alla volta. È la novità di quest’anno: «Gli anni scorsi andavo io da loro e li incontravo a Santa Fosca; ma preferisco, ora, che vedano dove vivo e cosa faccio».
La vita accademica conosce una lunga pausa d’estate, fatti salvi gli esami. Non vuol dire però che S. Fosca resti vuota. Viene trasformata in ostello della gioventù. Quest’anno, tuttavia, il turismo è azzerato, perciò l’ostello è chiuso. Va solo un po’ meglio l’altra struttura in mano al centro per la pastorale universitaria: la casa “Accademia”, che con pochi turisti viaggia comunque a scartamento ridotto.
Casa S. Fosca in questo periodo non è peraltro abbandonata. «Gli studenti vengono a turno per lavori di manutenzione: li responsabilizziamo nella cura della “loro” casa. Del resto, non si tratta tanto di fare un campo lavoro – chiarisce don Sabbadin –, ma di vivere momenti comunitari e formativi».
Il parco San Giuliano… «Lì leggono il vangelo che narra dell’incontro di Gesù con la samaritana; seguono un breve commento e uno spazio di condivisione in cui raccontano a che punto è la loro vita, che cosa li ha portati qui, il loro passato (ferite, gioie, scelte)… chi desiderano essere».
Ogni anno, ai 30-40 studenti che lasciano la casa, terminati gli studi, subentrano le matricole. La vita di S. Fosca, dunque, inizia con questo ritrovarsi assieme, prima che cominci l’anno universitario. «È un modo per conoscersi e dare il tono a una coabitazione che è diversa da quella di un collegio o di un dormitorio. Si fa vita comune, e di comunione. A partire dalla Parola di Dio. Gesù permette di leggere le storie personali – tutte diverse le une dalle altre – con speranza, laddove, facilmente, si riscontrano fallimenti, prove difficili, esperienze dure».
Come si profila l’anno che viene? «Un buon numero di ragazzi temporeggia: non ha ancora prenotato il posto. L’università dà segnali di incertezza: non si capisce se ci saranno lezioni in presenza o online, se serve l’iscrizione per ogni singolo corso… Tutto ciò non incoraggia a prendere l’impegno di un anno fuori sede. È possibile che scelgano di trascorrere intanto il primo semestre a casa, per poi stabilirsi qui nel secondo. Ad oggi, le iscrizioni sono poche, ma ci aspettiamo che crescano verso settembre/ottobre».
Ci sono anche segnali in controtendenza. «A fronte della comodità di seguire le lezioni da casa, tanti ragazzi sentono il bisogno di tornare: alcuni hanno già prenotato dal 1° settembre. Non si tratta solo di frequentare le lezioni, ma di “vivere” l’università tout court: biblioteche, conferenze, confronto con i professori…».
Il programma e gli obiettivi del prossimo anno pastorale. «Alcuni appuntamenti tradizionali (la gita in barca alla scoperta di Venezia, la messa di inizio anno con il Patriarca) sono ancora in sospeso. Ci impegniamo a lavorare in diversi ambiti: spirituale, dottrinale, di accompagnamento alla vita cristiana e di approfondimento culturale». Due parole su quest’ultimo… «Cerchiamo di reagire alle domande suscitate dalla vita, e rispondere ai bisogni concreti dei nostri giovani. Che hanno un proprio percorso di studi: possono perciò condividere l’iter di ricerca della tesi, o un’esperienza Erasmus. Poi interpelliamo alcuni docenti per tematizzare questioni che esulano dal programma didattico. Abbiamo un nostro “dream team”», spiega don Gilberto. «È un gruppo ristretto che si incontra regolarmente: prega, riflette, raccoglie proposte di argomenti da approfondire».
Altre iniziative? «Con la pastorale giovanile stiamo allestendo il cammino dei Dieci Comandamenti, ideato da don Fabio Rosini, direttore del servizio diocesano per le vocazioni di Roma: è un anno di catechesi di primo annuncio. Un confronto con il vangelo per fare discernimento: chi sono io e chi posso essere alla luce della parola di Dio? Si terrà forse nella chiesa di S. Girolamo, a Mestre. Poi con pastorale giovanile, Acli, pastorale sociale del lavoro e Marcianum, vorremmo affrontare determinate tematiche socio-politiche: alcuni universitari, sia diocesani che fuori sede, ci hanno chiesto: “Aiutateci a capire come possiamo contribuire a ripensare il contesto economico anche alla luce degli argomenti toccati dal Patriarca”. Ci giungono poi richieste di approfondimento di questioni di fede da parte di universitari impegnati con l’Azione Cattolica, con il catechismo o l’animazione parrocchiale».
Un altro obiettivo, infine, è il progetto di accompagnamento allo studio. «Grazie alle risorse stanziate dalla Caritas nazionale, con pastorale giovanile e Caritas diocesana, vogliamo formare studenti universitari (e di quinta superiore) per accompagnare nello studio i più giovani penalizzati dall’interruzione della scuola a causa della pandemia». Partirà in via sperimentale dal Quartiere Pertini.
Giovanni Carnio