Presentato oggi il calendario espositivo 2019 della Collezione Peggy Guggenheim di Venezia.
«Nell’autunno del 1949 – spiega la direttrice Karole Vail – Peggy acquista Palazzo Venier dei Leoni, sul Canal Grande, e qui organizza la sua prima mostra di scultura contemporanea, aprendo per la prima volta le porte al pubblico. Da allora ha fatto di Venezia la sua città, fino alla sua scomparsa, il 23 dicembre del 1979, esattamente 40 anni fa».
Il 1949 e il 1979 sono dunque due date che hanno segnato non solo la storia del museo, ma anche la storia dell’arte del XX secolo. «Due momenti miliari che quest’anno vogliamo ricordare con una serie di mostre che non perdono mai di vista la figura di Peggy, e con una serie di Public Programs che abbiamo intitolato La Continuità di una Visione, volti ad attualizzare l’insegnamento coraggioso quanto innovativo della mecenate americana».
In concomitanza con l’apertura di “Dal gesto alla forma. Arte europea e americana del dopoguerra nella Collezione Schulhof”, curata insieme a Gražina Subelytė, Assistant Curator, presentazione quasi nella sua interezza della Collezione Schulhof, donata nel 2012 alla Fondazione Solomon R. Guggenheim e da allora conservata a Venezia, è stato realizzato un riallestimento della collezione permanente.
In mostra la maggior parte delle opere acquistate da Peggy Guggenheim tra il 1938, quando a Londra apre la sua prima galleria Guggenheim Jeune, e il 1947, anno in cui si stabilisce a Venezia.
Un allestimento che riflette fortemente l’interesse per il Cubismo, il Futurismo, la pittura metafisica, l’astrazione europea, la scultura d’avanguardia e il Surrealismo, tutti lavori che vennero acquisiti attraverso le amicizie e i consigli di artisti e intellettuali.
Negli spazi della barchessa del palazzo non mancano i dipinti degli espressionisti astratti americani, tra cui spiccano i capolavori di Jackson Pollock. «E se questa presentazione getta luce sul collezionismo pre 1948 – ha proseguito la Vail – dal 21 settembre aprirà la mostra “Peggy Guggenheim. L’ultima Dogaressa”, che celebrerà il collezionismo post 1948: dipinti, sculture e opere su carta acquisite tra la fine degli anni quaranta e il 1979».
Non mancheranno le opere di artisti italiani come Edmondo Bacci, Tancredi Parmeggiani ed Emilio Vedova, e la produzione di alcuni artisti legati all’arte Optical (Op) e Cinetica, come Marina Apollonio, Alberto Biasi e Franco Costalonga, accanto ad opere meno note al grande pubblico di artisti come René Brô, Gwyther Irwin e Grace Hartigan, e di pittori di origine giapponese come Kenzo Okada e Tomonori Toyofuku.
«A corollario del programma espositivo – ha concluso la Vail – è lunga la lista di attività, eventi, conferenze, workshop, approfondimenti sulle orme di Peggy Guggenheim». Programmi di accessibilità per non vedenti e ipovedenti incentrati sui grandi capolavori del museo; il progetto social “Point of View”, che darà voce al pubblico per raccontare il proprio punto di vista sul museo e sulle opere più amate; un’iniziativa partecipativa atta a ricostruire la figura di Peggy Guggenheim attraverso la memoria collettiva nella comunità locale.
E ancora, tre conversazioni con tre donne, filantrope e collezioniste visionarie, che hanno fatto dell’arte la loro missione come impegno personale nei confronti della società: Patrizia Sandretto Re Rebaudengo, Presidente dell’omonima Fondazione torinese, tra le figure di maggior spicco del collezionismo italiano e internazionale, Lekha Poddar, della Devi Art Foundation (Dehli, India), attiva nel panorama artistico indiano, Francesca Thyssen-Bornemisza (von Habsburg), fondatrice di Thyssen-Bornemisza Art Contemporary, tra le maggiori collezioni d’arte contemporanea in Europa.