L’attesa, l’ansia, la gioia di ritrovarsi, ogni anno, per inaugurare il ponte votivo sul Canal Grande e per pregare la Madonna della Salute, in segno di ringraziamento per aver consentito alla città di sopravvivere alla peste nel 1631: sono i sentimenti che colorano la laguna e distinguono una comunità che non dimentica.
Nei secoli, il valore religioso si è progressivamente fuso con la dimensione civica dell’evento storico che, oltre la fede, segna la società e diventa luogo identitario e di appartenenza.
Da qui bisogna partire per riconoscere la direzione di una civiltà che si nutre di una storia millenaria che non si è mai allontanata dalla coscienza collettiva; anzi, vive nella sua incomparabile bellezza, nelle calli e nei rii, che, soprattutto durante le ore notturne, si cibano del silenzio che riannoda la sua storia e disvela il pensiero di un nuovo linguaggio.
Lontano dal frastuono della terraferma, il vissuto quotidiano di una comunità che ha affinato il proprio ingegno nel rapporto, proficuo e fertile, con l’acqua, oggi è arricchito da un patrimonio culturale in cui l’approccio e la tessitura al dialogo restano la sua cifra distintiva senza perdere la propria specificità.
Un mondo laico e religioso che ha saputo evolversi e catturare alla causa del suo dinamismo mondi lontani, cui attingere saperi e conoscenze.
In questo tratto identitario, la realizzazione del Mose, simbolo di un avveniristico progresso scientifico, rappresenta il mai visto, l’inaudito, lo stupore incontenibile simile a quello dei diplomatici veneziani alla vista di nuovi territori; le nuove forme di mecenatismo e i tanti poliedrici eventi di respiro anche internazionale; la moltitudine di fondazioni culturali per la salvaguardia dei tanti beni artistici e architettonici costituiscono un “continuum” con un passato che rivive attraverso la determinazione e la profezia di un popolo.
D’altronde, non poteva esserci definizione più appropriata “Venezia la più antica città del futuro” per legare al futuro la sua storia millenaria.
Viene da chiedersi allora sui motivi per i quali la Madonna della Salute ancora oggi conserva quel carattere anche sociale che la rende unica rispetto alle altre, pur importanti e significative, festività religiose.
Innanzitutto, è la festa attorno alla quale si muove l’intera città che salda la sua storia alla fede ed alla tradizione, diventando un punto di convergenza e di riflessione per il bene della gente che prende coscienza delle proprie responsabilità.
Ma è anche il luogo dell’incontro in cui il sentire comune fa avvertire il bisogno, rispetto alle inquietudini della contemporaneità, di ricercare processi di pace e di speranza.
In tal senso, indicazioni efficaci sono venute dal Patriarca di Venezia, Francesco Moraglia, che ha ribadito, nel corso dell’omelia, la necessità di far scaturire dalla Madonna della Salute la centralità della donna come centrale, così come centrale è stata la Vergine Maria nel miracolo delle nozze di Cana.
Non può esserci una sequela a Cristo, ha asserito il Patriarca, senza che vi sia “amore – rispetto – verità” nei confronti della donna in cui il contesto della Madonna della Salute, nella sua festività, può senz’altro contribuire ad essere monito ed insegnamento perché Cristo non sia estrinseco ed estemporaneo, ma forza vivificante della comunità di fedeli.
Un dovere civico ed etico che interpella la coscienza di ognuno per contribuire ad evitare che il deprecabile, tragico fenomeno del femminicidio possa seminare ulteriore morte.
Michele di Bari