Un percorso alla scoperta del ruolo rivestito dalla donna nel mondo ebraico e dai luoghi di preghiera a lei riservati. Il Museo Ebraico di Venezia – in occasione della giornata dell’8 marzo – ha proposto stamattina un itinerario che ha permesso di approfondire tali temi, attraverso quegli spazi solitamente chiusi al pubblico: i matronei delle sinagoghe interne.
E la visita è iniziata proprio dall’antico matroneo della sinagoga Tedesca. La sua funzione: quella di separare gli uomini dalle donne affinché non ci si distragga durante la preghiera.
«Appartenere all’ebraismo – spiega la guida Patrizia, sottolineando come nel Ghetto veneziano vivano oramai solo una trentina di ebrei – significa appartenere ad un popolo; ed è proprio la donna, nei casi di matrimoni misti, a trasmetterne l’appartenenza ai propri figli».
Un ruolo importante, dunque, il suo, anche per ciò che riguarda le feste in famiglia o l’educazione da impartire ai bambini. «Non è vero che le donne non studiassero mai. La tradizione vuole – aggiunge – che nell’antichità potessero utilizzare lo studio non come un qualcosa di fine a se stesso ma come uno strumento valido per insegnare a leggere e a scrivere ai propri figli. A Venezia molte donne ebree, contrariamente alle altre, conoscevano anche la matematica».
Ma pensiamo inoltre ai tempi più recenti: terminata la persecuzione, le donne ebree hanno iniziato a produrre testi d’ogni genere, dai memoriali ai libri di favole o di ricette. La spiegazione è proseguita intorno ad alcuni riti tradizionali che una giovane donna ebrea è chiamata a compiere prima del matrimonio; fra questi, il cosiddetto bagno rituale che consiste nell’immergersi tre volte – numero che starebbe a simboleggiare il passato, presente e futuro – in un ampio contenitore d’acqua piovana. Un’immagine, questa che non può non ricondurre al Battesimo di Gesù.
Marta Gasparon