«La musica è la medicina migliore. È terapeutica e fa star bene le persone anche fisicamente: il canto porta infatti a lavorare su respirazione e muscolatura». Nel corso di un lockdown che ha messo tutti a dura prova, per Andrea D’Alpaos la musica ha continuato a rappresentare un punto fermo. Una compagnia amica nelle lunghe giornate trascorse in casa, che ha saputo rompere quella solitudine e quel silenzio inusuali che ci hanno reso tutti un po’ più simili, accomunati dallo stesso destino.
Pianista, compositore e maestro di coro (muranese, classe 1966) dei “Joy Singers”, D’Alpaos la definisce «un linguaggio universale», che unisce le persone e di cui non potremmo mai fare a meno. E il periodo di quarantena forzato ne è stato l’esempio. Perché proprio nella musica la gente – e le migliaia di esibizioni canore dai balconi di casa ne sono state la conferma – ha saputo trovare conforto in una condizione complicata da gestire.
Un nuovo progetto. È in questo contesto, a poche settimane dal ritorno graduale alla normalità, che i “Joy Singers” annunciano un’importante novità. L’uscita del loro settimo progetto, un doppio cd di 20 brani più soundtrack, dal titolo emblematico: “2020”. Non poteva che essere così, verrebbe da dire. Poiché da un lato si rifà al numero di canzoni contenute nel disco e all’anno in corso; mentre dall’altro al tempo che il noto coro amatoriale veneziano, che al canto associa anche alcune coreografie, ha dedicato all’amore per la musica.
«Si tratta di un progetto ambizioso – spiega D’Alpaos – col quale vogliamo festeggiare i nostri primi vent’anni d’attività. Siamo un coro musicalmente molto curioso e senza preconcetti, tanto che il nostro repertorio, vastissimo, si è evoluto nel tempo». Attraverso un’ora e mezza di musica «in cui annoiarsi sarà impossibile», “2020” si propone di ripercorrere l’intera storia artistica del coro, dagli esordi ad oggi, toccando i generi più disparati: gospel (il gruppo è infatti partito come tale), pop, caraibico, swing, musical, funky e non solo. In un concentrato di brani che spaziano da un medley di 10 minuti dei Queen, alla nuova versione di “My favourite things” (tratta da “Tutti insieme appassionatamente”) o ad una delle canzoni di “Jesus Christ Superstar”.
Un gruppo misto, quello dei “Joy Singers”, di 28 elementi dai 20 ai 50 anni (alcuni dei quali componenti storici), provenienti soprattutto da Venezia, Mestre e Marghera, dove svolgono le prove ogni settimana. E che nel tempo ha imparato ed eseguito oltre 200 brani, per il 90% riarrangiati proprio da D’Alpaos.
«Penso che la presentazione ufficiale avverrà a settembre, quando avremo il disco tra le mani. Ma prima vorremmo organizzare dei momenti d’incontro – una sorta d’anteprima, durante l’estate – in cui raccontare al pubblico il nostro progetto. Concerti in programma? Speriamo di poterne fare. Ci stiamo informando per capire le modalità, visto il periodo. Solitamente ci esibiamo nei teatri e nelle chiese, oppure all’aperto. Negli ultimi anni abbiamo organizzato anche concerti in acustico, con pochi strumenti, ricreando un’atmosfera più “intima” che io apprezzo molto».
Un coro a sette sezioni. Un lavoro curato nei minimi dettagli, quello dell’ultimo cd, dove ogni canzone vuole raccontare atmosfere differenti: in ognuna la voce è modulata diversamente e un’attenzione particolare è stata riservata alla spazializzazione del coro. Affinché, ascoltandolo, la persona si percepisca davanti ad esso o al centro.
«La band ha registrato le basi a fine novembre, in due giorni, mentre il coro in meno di due weekend il mese dopo. Poi è stata la volta del quartetto d’archi, della sezione dei fiati e dei vari altri ospiti strumentisti e solisti, tra i quali Colin Vassell che con noi ha già collaborato altre volte. Terminata la registrazione abbiamo mixato il tutto online per via della pandemia. Un lavoro faticoso che stiamo completando in questi giorni», spiega D’Alpaos, raccontando come oltre alla band abbiano suonato anche 16 musicisti, alcuni dei quali polistrumentisti. Tanto da arrivare ad un totale di ben 39 strumenti diversi.
«La nostra particolarità? Per molti arrangiamenti arriviamo fino a sette voci, quando di norma i cori cantano a quattro sezioni», aggiunge. Spiegando come gli anni percorsi siano stati per lui ricchi di soddisfazione, fatti di sacrificio e duro lavoro costante («appena terminato un progetto ci buttiamo subito in un altro») ricompensato dai traguardi raggiunti. «È tutta gente normalissima – conclude D’Alpaos – con una grande passione per la musica, a cui ricordo sempre che salire su un palco ed essere ascoltati da qualcuno è un grande privilegio. Questo coro è maturato nel tempo attraverso la giusta disciplina. E sentirlo cantare qualcosa che tu stesso hai trascritto su un pezzo di carta è impagabile».
Marta Gasparon