«Caspita!»: non può che essere un’esclamazione quella che esce dalla bocca di Beatrice Tanzi quando il 14 luglio 2021 si imbatte in un dipinto su tavola di 54 per 44 centimetri, conservato in un piccolo museo allestito presso il monastero delle Benedettine sull’isola di Pago, in Croazia.
«Caspita, che quadro!», pensa in un millisecondo Beatrice, dottoranda in Storia delle arti a Ca’ Foscari.
Poi guarda il cartellino accanto alla teca di plexiglas che protegge il dipinto e legge “ambito di Andrea Mantegna”. «Pur nella condizione purtroppo devastata della tavola – ricorda la studiosa – il dipinto mi sembra subito di altissima qualità. Mi ci metto fissa davanti e mi dico: questo non è Mantegna. E se fosse invece Giovanni Bellini? Così faccio una foto, la invio subito con il cellulare a quattro studiosi e attendo. La sorpresa è che arrivano le risposte: “Ma sì – dicono tutti – quello è un Bellini. Dove l’ho già visto pubblicato?”. Gli esperti pensavano di averlo già visto; in realtà no: una foto di quel quadro era uscita fino ad allora solo su testi croati, difficilmente affrontabili a causa della lingua ostica, e con attribuzioni ben diverse, dall’area di Mantegna a Bartolomeo Vivarini alla bottega di Francesco Squarcione. E invece…».
Nasce così, durante un viaggio di ricerca con altri studiosi finanziato dall’Unione europea, un evento raro: la scoperta di un quadro non conosciuto del maestro veneziano. Secondo la classificazione di Bernard Berenson, uno dei più grandi storici dell’arte nel ‘900, Bellini ha dipinto almeno 22 Madonne con bambino, di cui 15 sono ancora esistenti. Con il ritrovamento di quella del monastero di Pago le esistenti salirebbero a 16.
L’ipotesi di attribuzione di Beatrice Tanzi è appena stata pubblicata in un articolo dal titolo “A new attribution to Giovanni Bellini: the ‘Virgin and Child’ in Pag” sul numero di ottobre della rivista inglese The Burlington Magazine, una delle pubblicazioni internazionali di storia dell’arte più prestigiose e note al mondo.
«Volevo fare entrare questo quadro nel dibattito internazionale sull’artista – riprende Beatrice Tanzi – perché questo quadro merita di entrare in un dibattito internazionale. Ora, con la pubblicazione nella rivista, il dibattito è a livello scientifico. Io potrò sempre essere smentita e confutata, ma secondo me quello di Bellini è l’unico nome che può essere sostenuto in questo caso».
La mano dell’artista veneziano, secondo la trentaduenne studiosa, è riconoscibile per una serie di caratteristiche: il paesaggio che sta alle spalle della Vergine, con aspetti più collinari che montani, molto verde e con corsi d’acqua, reso a tocchi brevi e quasi miniaturistici, come quelli della Crocifissione del Museo Correr o nell’Uomo dei dolori del Museo Poldi Pezzoli di Milano. Oppure per il volto del Bambino imbronciato, assai vicino a quello dell’angioletto che sorregge il Cristo sulla sinistra nella Pietà del Museo Correr, ma anche del Bambino della cosiddetta Madonna Davis del Metropolitan, o in quello del Rijksmuseum di Amsterdam. E così via…
Ma somiglianze stilistiche come queste, per quanto evidenti e suggestive, sono sufficienti a giustificare un’attribuzione così importante? «Non sempre si trovano dei documenti», risponde la ricercatrice. Che spiega: «La storia dell’arte è costruita su due scuole: quella filologica, che si basa sulle fonti documentarie e su qualsiasi elemento materiale che rimandai a un certo autore: e la scuola dei conoscitori, per la quale non si può prescindere dall’occhio e dallo stile. Due anni fa, in Spagna, stava per andare all’asta per 1500 euro un Ecce Homo attribuito a un pittore minore, ma occhi più esperti ne hanno riconosciuto la grande affinità con i modi di Caravaggio. Il quadro è stato ritirato dall’asta e oggi vale milioni di euro…».
Nel caso del Bellini ritrovato, però, non si parlerà di soldi: il dipinto è del Demanio croato e la tavola comunque non finirà sul mercato. Le monache stesse, aldilà della sorpresa e della contentezza, non ne trarranno vantaggio diretto.
«Adesso l’idea – fa presente la scopritrice – è di provare a trovare i fondi per fare un restauro ben fatto di questa Madonna con Bambino, per allestire poi una piccola esposizione in Italia e riportare quindi il quadro nel museo di Pago, dove sarà meglio apprezzabile anche per un pubblico più ampio».
E comunque c’è la grande soddisfazione per un evento del tutto insolito: «Sono stata molta fortunata», conclude con modestia Beatrice Tanzi: «Se questo quadro fosse stato visto da qualsiasi studioso italiano, o anche straniero ma con formazione occidentale nella storia dell’arte, lo avrebbe detto subito: questo è un Bellini».
Giorgio Malavasi