Un abbraccio di materie forti, gesso e mosaico, si stringe intorno ad un corpo nudo di donna. È il soggetto dei quadri della mostra di due artisti mestrini, Giorgio Pettener, insegnante dell’Istituto d’Arte in pensione, originario di Pirano d’Istria, e Hilde Benassi, anche lei insegnante, nata in Trentino.
Ma ancora di più sono la metafora del lavoro di Giorgio Pettener, che da trent’anni ha riunito sotto la sua guida una cinquantina di adulti, proteggendo e ravvivando la loro delicata passione per l’arte. Per decenni, Giorgio Pettener è stato un punto di riferimento e un rifugio poetico nella vita quotidiana di impiegati, insegnanti e casalinghe.
Pennelli e tele hanno occupato improbabili “studi” come un garage in via della Fornace a Macallé (da cui il nome “Amici della Fornace”), una soffitta sopra il mobilificio Bon in via forte Marghera, il sottoscala della chiesa di via Don Sturzo (senza riscaldamento), un seminterrato in via Baracca e, ultimo, un negozio sfitto di via Volturno.
«L’associazione era nata con corsi dell’Università del Tempo Libero di Mestre, due gruppi da 15 persone» ricorda Giorgio. «Poi ci siamo incontrati ininterrottamente per anni, un pomeriggio alla settimana, cinque corsi di 6 persone circa. Più di una ventina sono scomparsi, ma alcuni non hanno mai smesso di dipingere con me, come Giuliana Bergamini, Carla Miotto, Marialaura Pesci. Saranno dilettanti, forse, ma hanno una grande passione. Amano i paesaggi e le loro case sono piene di quadri tutti loro, incorniciati con orgoglio. Molti dicono che per loro dipingere è una specie di terapia. Li aiuterò ancora ma in modo informale».
In questi anni, due mostre collettive li hanno visti riuniti al Laurentianum. Quest’ultima mostra è tutta dedicata alla celebrazione di una carriera, ma soprattutto del rapporto maestro e alunni, un abbraccio forte – nel grigiore della vita quotidiana – a protezione di un delicato sentimento artistico. La mostra resta aperta fino al 25 febbraio al Palazzo della Provvederia, di fronte al Municipio in via Torre Belfredo.
Ilaria Serra