“Ecce Homo” è la mostra dal tema pasquale, inaugurata giovedì 11 alla Pinacoteca Manfrediniana del Seminario Patriarcale, pensata per avvicinarsi spiritualmente al cammino di Gesù verso il Calvario e la resurrezione.
Due i capolavori della pittura veneziana del Cinquecento esposti: si tratta di “Cristo alla colonna” di Palma il Vecchio e “Cristo e Pilato” di Paris Bordone. L’occasione della mostra nasce dal restauro recentemente effettuato sui due dipinti, che ha permesso di vedere le differenze di approccio formale e stilistico tra i due pittori. Durante l’inaugurazione significativo è stato l’intervento di Silvia Marchiori che ha spiegato l’iconografia e la mistica delle due opere: «Per analizzare dipinti con soggetto tratto da episodi della Scrittura bisogna sempre tornare alla fonte», ha spiegato. «Nei Vangeli il racconto della Passione occupa molto spazio nella narrazione, sembra venga raccontato al rallentatore». Tutti e quattro gli Evangelisti dicono che Gesù subì la flagellazione. Questa avveniva sul dorso, ma nei dipinti viene resa frontalmente. Le scene con il tempo poi si concentrano sempre più sulla figura di Gesù, colpito e sfigurato. «Questo per creare un dialogo serrato tra il credente e Cristo che suscita la pietas» afferma Marchiori.
“Il Cristo alla colonna” di Palma il Vecchio proviene da una collezione inglese ed è stato esposto solo una volta in pubblico nel 1942 alla John Hopkins University negli Usa, come opera di Giorgione e della sua cerchia, secondo l’attribuzione di George Richter, uno dei massimi studiosi di Giorgione. Dopo essere stato smentito da Hans Tietze, il quadro fu ampiamente discusso e attribuito anche a Tiziano.
Il restauro conferma l’attribuzione a Palma il Vecchio, in particolare grazie alle radiografie e alle analisi ad infrarosso, che hanno permesso di vedere il processo creativo.
Le radiografie presentano un’immagine confusa, dovuta al fatto che vi era un altro dipinto sottostante: «C’era un Cristo in posizione frontale e con la testa rivolta dal lato opposto a come è rappresentata ora, con il braccio sinistro visibile», spiega Davide Bussolari: «Questo potrebbe essere dovuto al fatto che l’opera non fosse piaciuta al committente o ad una sorta di perfezionismo che Palma voleva raggiungere, dimostrando di sapersi rimettere in discussione».
Molti i pentimenti simili e i particolari stilistici emersi: «Palma ha la tendenza ad inclinare i busti dei personaggi in avanti. Anche le labbra giovanili, in particolare quelle degli uomini, sono molto carnose, dipinte in maniera miniaturistica, con screpolature e di color fragola», aggiunge Andrea Donati. «Quando il dipinto è stato pulito, dalla finestra sono emerse montagne azzurre e cieli intensi che prima non si vedevano perché ingialliti e imbruniti».
Se il quadro di Palma non risulta avere copie, è diverso per “Il Cristo e Pilato” di Bordone che, formatosi nella bottega di Tiziano, nella sua maturità inventa una composizione originale e teatrale che ha visto una serie di repliche e varianti.
L’opera proviene da una collezione privata di Milano e, pur essendo stata pubblicata nell’ultima monografia del pittore, non è mai stata esposta al pubblico in precedenza.
Il restauro ha restituito piena leggibilità all’opera e dato conferma dell’attribuzione. La figura di Pilato però presenta un aspetto poco riscontrabile negli abiti e nella barba. Il copricapo inoltre ha un cartiglio in ebraico che sta ad indicare un sacerdote: «Potrebbe essere Caifa, che gli evangelisti dicono essere stato il primo ad interrogare Gesù nel sinedrio. Sembra quasi che la mano di Caifa sostenga Gesù, che a sua volta lo prende per il polso quasi a stabilire un ultimo contatto» spiega Marchiori.
A differenza dell’opera di Palma, l’immagine radiografica risulta molto più visibile. Sono presenti infatti solo alcuni pentimenti durante la fase di abbozzo dove è stata ritoccata la barba del sacerdote, rivisitate le dimensioni del polso di una mano e corretto il volto del manigoldo. «Guardando l’immagine si coglie la fase di preparazione a bande larghe orizzontali dovute alle modalità di stesura a spatola», sottolinea Bussolari. «Inoltre sono rimaste visibili le tracce di preparazione degli interni lasciate a vista». Un dipinto infine in cui è stata aggiunta in basso una fascia per aumentare le dimensioni della tela, operazione fatta a posteriori visto che la preparazione sottostante differisce dalla parte originale. L’esposizione sarà visitabile fino al 29 giugno.
Francesca Catalano