Le tirache, la traversa, lo scialle, il tabarro, la blusa… Erano questi i vestiti usuali dei nostri bisnonni, quelli che, agli occhi degli anziani di oggi, allora bambini, sembrava che nonni e nonne indossassero da sempre, in un’epoca in cui esistevano solo il vestito da tutti i giorni e il vestito bon delle feste.
Sull’abbigliamento di un tempo e sulle usanze di una volta si è concentrata l’attenzione di quaranta autori, anziane e anziani ospiti della Residenza e del Centro Diurno San Giobbe, strutture IPAV che hanno sede a Venezia.
Lavrando sui propri ricordi e cogliendo l’anima della Venezia che fu hanno costruito il Calendario della Memoria 2022, giunto alla sua sesta edizione.
Il progetto è ideato e condotto dalle educatrici Lorena Manca e Francesca Tassetto, della residenza san Giobbe, e Silvia Marzinotto, del centro diurno san Giobbe.
Per la realizzazione i 40 anziani autori sono stati coinvolti in attività di reminiscenza, scrittura, ricerca linguistica e selezione fotografica, malgrado le limitazioni alla socializzazione imposte dalla normative anticovid.
I calendari del 2022 sono già stati consegnati agli autori e saranno diffusi ora anche ai loro familiari; sono state prodotte circa mille copie che saranno distribuite in alcuni ambiti specifici: ambulatori medici, servizi sociali, scuole, biblioteche, parrocchie e altri luoghi di incontro, cultura e socialità.
Abbigliamento, ma anche cultura ed economia del vestirsi: le narrazioni riguardano anche l’arte del parer bon con poco. I ricordi ricostruiscono la quotidianità dei nonni degli anziani autori che, quando uscivano di casa, toglievano gli scalfaroti, mettevano l’unico paio di scarpe che avevano, di pelle e co le siole grosse e vi sovrapponevano le ghette, si facevano il risso al bafo, prendevano il tabarro, la bagoina e non dimenticavano mai il cappello, che sollevavano ogni volta che dovevano salutare un passante, per poi rimetterlo in testa.
Le nonne invece, quando dovevano uscire, si toglievano la traversa, e sopra alla blusetta col cascaimpeto o il manin, mettevano lo scialle con le frange e le scarpe col tacheto e portavano a braccio un sachetin di velluto o raso, antesignano della moderna borsetta e, ai mercati, tutte col cocon pontà co le forchete e con gli scialli svolazzanti, tanto che, viste di spalle, sembravano tutte sorelle gemelle.
Accanto a questa rubrica, per ogni mese del 2022, c’è poi la striscia “Detto tra noi” che regala espressioni di numerazione appartenenti al gergo dei veneziani, scelte ed esemplificate dagli autori, come è il caso, per esempio, di na sbrancada o di na zonta. “Dame na sbrancada de bagigi” è, infatti, quello che si dicono da secoli i veneziani dal biavarol, e “Go fato el risoto e ghe go messo na zonta de brodo” è quello che le donne si dicono da finestra a finestra in un campiello.
Correda il tutto la foto del mese che rappresenta dei “Passaggi veneziani”, porte, portoni o porte d’acqua, nascosti tra le calli della Città, cui gli ospiti hanno dato un fantasioso e accattivante titolo.
Attraverso queste passaggi sembreno avvenire anche i mutamenti della nostra condizione dai luoghi del secretum, del privato delle piccole storie, a quelli della civitas, della comunità attiva.
«I nostri autori sono un simbolo vivo di resilienza», sottolinea il presidente di IPAV, Luigi Polesel. «Vi è infatti un grande valore in queste narrazioni che sono preziose testimonianze. L’obiettivo dell’iniziativa è contribuire a riabilitare i nostri autori come interlocutori nel qui e ora perché sempre le riscoperte e le riletture di sapienze antiche hanno molto da insegnarci. I contenuti di ricerca per il calendario 2022 si sono articolati in una rivisitazione storica dell’abbigliamento dei nonni dei nostri nonni, che ha trovato espressione nei termini dialettali e nella selezione e titolazione fotografica realizzata dagli stessi autori».