Una serata condivisa con un piatto di pasta, un proiettore, una ventina circa di universitari e tanta curiosità. Ecco cosa è stata quella di giovedì scorso (14 dicembre) presso la Casa Studentesca Santa Fosca del Centro di Pastorale Universitaria, a Venezia. Il tutto è nato dagli spunti di riflessione suggeriti da alcuni recenti articoli del Prof. Vittorio Possenti pubblicati su Avvenire e dalla passione per la metafisica coltivata in questi anni.
La provocazione che ci viene oggi dall’astrofisica e dalla cosmologia fisica (ovvero l’ambito delle scienze naturali che indagano l’origine e l’evoluzione dell’universo) spinge il nostro sguardo ad elevarsi verso la bellezza dell’universo, e contemporaneamente ci interroga sul senso e la profondità di tutta la realtà che ci circonda, spingendo le nostre domande anche oltre l’ordine fisico. Infatti è affascinante scoprire come, dall’interno delle stesse scienze naturali come l’astrofisica, la fisica quantistica e la cosmologia (nonché anche dal problema dei fondamenti in logica e in matematica), sorgano sempre più questioni che superano il mero ordine dell’empirico e che si affacciano su di un orizzonte meta-scientifico, o meglio meta-fisico. Per esempio le ricerche della cosmologia fisica implicano ad un certo punto domande che sconfinano nell’ambito filosofico: l’origine del tutto, la questione dell’esistenza di un finalismo nel cosmo o nella natura tout court, la regolarità delle leggi fisiche, l’intelligibilità e la razionalità della natura, il senso della posizione dell’uomo nel cosmo. In sostanza si tratta di riconoscere che la ragione e l’intelletto colgono la stessa realtà e la indagano secondo diversi gradi di conoscenza e secondo prospettive differenti.
Un ottimo esempio di come poter integrare la ricerca scientifica con una prospettiva meta-scientifica, cioè che contempli la possibilità di conoscere il reale anche attraverso il paradigma metafisico (a partire dalla filosofia della natura) e quello teologico, è l’esempio dei vari modelli cosmologici oggi noti. Tali modelli cosmologici (dal Big Bang ai Multi-versi o altri modelli che si vogliano considerare) devono rientrare tutti nell’ambito del divenire e non in quello della creazione dal nulla. Sarebbe incauto infatti accostare scienza e fede (o se si preferisce, scienza e teologia) se non si è accorti o un minimo equipaggiati del paradigma metafisico. È necessario distinguere, da una parte, quanto la scienza non può dirci del “problema degli inizi”, ovvero tenere in conto che oltre un certo tempo e oltre una certa dimensione la fisica non può retrocedere (vedi la c.d. era di Plank) e quindi non può più conoscere alcunché; dall’altra riconoscere che la teologia della creazione implica un radicale salto ontologico, cioè il fatto che con la creatio ex nihilo si pone un inizio assoluto: non solo la materia, ma l’atto d’essere di ogni ente e di ogni relativa essenza e addirittura il tempo stesso vengono ad essere creati e ricevono la possibilità di permanere nell’essere (vedi l’ordine della “creazione continua”)! Per cui è fondamentale imparare a saper distinguere il contingente dal necessario, ovvero ciò che è mutevole e soggetto al cambiamento da ciò che invece è eterno e non soggetto al divenire. In sintesi, allargando la nostra riflessione, ogni cosmologia fisica implica anche una cosmologia metafisica (immanentistica o aperta al trascendente che sia) che a sua volta implica una prospettiva teologica (credente, atea o agnostica che sia).
Queste sono solo alcune suggestioni che possono portare la ragione umana – quando questa non è chiusa aprioristicamente o ideologicamente in una pre-comprensione scettica o atea o relativista – ad elevarsi verso un ordine trascendente che però, allo stesso tempo, si mostra già nel creato, nell’immanente. Quando la ragione è “aperta” e non appiattita solo sull’empirico può spalancare sulla realtà uno sguardo metafisico che scopre sempre più il mistero e la profondità dell’essere in cui siamo immersi. Si può cioè intuire che del cosmo e della realtà tutta possiamo avere non solo una conoscenza fisica (estensiva), ma anche una conoscenza metafisica (intensiva) che restituisce senso, verità e pienezza ad ogni aspetto della vita. L’intuizione della dimensione metafisica del reale è ciò che permette di fare quel passaggio tanto auspicato da Giovanni Paolo II “dal fenomeno al fondamento” (vedi enciclica Fides et Ratio). In tempi di crescente desacralizzazione e di dilagante relativismo, in cui l’orizzonte del Trascendente e il senso religioso paiono sparire sempre più (o quanto meno si manifestano spesso in forme di intimismo soggettivo connotato da un’emotività autoreferenziale), tale sguardo metafisico può essere un buon antidoto non solo perché apre la mente, ma anche perché sostiene il cuore nella sua predisposizione all’anelito di trascendenza e di eternità e magari lo rende anche più aperto alla Rivelazione di Dio.
Poter parlare di queste tematiche con dei giovani disposti ad ascoltare con interesse e attenzione non è affatto scontato. Ecco cosa è stata per me questa serata: una condivisione giovane, inaspettata e aperta; piena di gratitudine per la curiosità e l’amicizia che ci accompagna.
Giorgio Lapadula