Una donna è protagonista dell’economia divina. È in lei che prende corpo la relazione fra Verbo e umano. Ma i modi e i perché della sua centralità nessuno mai come gli artisti è riuscito a indicarlo. Perché l’icona eccede la parola.
È il fil rouge e, insieme, il contesto in cui Massimo Cacciari situa la sua ricerca su Maria madre di Gesù. Un’indagine che diventa ritratto, mettendo insieme, come in un puzzle, i dipinti dei maestri – da Simone Martini a Masaccio, da Lorenzo Lotto ad Andrea Mantegna – le musiche – da Claudio Monteverdi a Paul Hindemith a Anton Webern – e le poesie – da Rainer Maria Rilke a Wystan Hugh Auden, da Mario Luzi a Clemente Rebora.
Questo percorso, che Cacciari ha tracciato nel libro “Generare Dio” (edizioni Il Mulino), è diventato una serata a teatro, al Verdi di Padova, venerdì 2 novembre. Sala strapiena ad ascoltare il filosofo veneziano e l’Orchestra di Padova e del Veneto.
Non uno spettacolo, ma una strada da percorrere per addentrarsi in quell’enigma mostrato, che interpella ed ammalia il differentemente credente Cacciari.
Maria, donna libera, non predestinata. Il primo punto su cui si concentra è l’umanità di Maria: «Perché sia reale l’Incarnazione, la donna deve accogliere l’annuncio. Non sarebbe reale l’Incarnazione se la donna fosse solo una predestinata, prigioniera del suo destino. Che realtà avrebbe quella Incarnazione?».
E la realtà si coglie bene nell’Annunciazione di Lorenzo Lotto, «dove l’angelo che irrompe è tanto reale che perfino il gatto fugge, impaurito. Ma la paura ha due forme: quella che ti fa scappare e quella che ti sgomenta ma ti fa interrogare, meditare, chiedere…».
Nel timbro del dubbio. Quella, cioè, che avvolge Maria: «Maria avverte il pericolo, presagisce che la sua strada sarà pericolosa; ecco che un’ombra copre il suo volto. Così avviene la relazione tra il Verbo e l’umano, tra il Logos e la storia: avviene nel timbro del dubbio».
Un dubbio risolto con un “sì”. Un’obbedienza che c’è ma è intrisa di libertà: «Maria è obbediente – continua Cacciari – ma nel senso etimologica della parola. Obbedire è ob audire, ascoltare. E Maria ascolta con timore e tremore l’annuncio dell’angelo, proprio come Lotto mostra nel suo dipinto. D’altronde, se non ascolti non puoi rispondere. E Maria risponde, alla fine, ma dopo aver ascoltato. È cioè responsabile, e non si può essere responsabili se non si sa ascoltare. Ma questa ubbidienza è l’opposto dell’esser servo. Questa di Maria è humilitas, ma significa saper ascoltare, non l’humilitas servile».
«È molto più comodo essere servi che responsabili». Lei dice sì all’angelo – prosegue il filosofo – dopo averlo ascoltato: «Dice sì liberamente, perché altrimenti tutto diventa mito e racconto del destino. Così come il Figlio che, alla fine, berrà il suo calice, liberamente. Poteva non farlo? Certo. Ma la grandezza di Maria sta nell’accogliere l’annuncio, nel farlo proprio, superando la dimensione del destino. Se non si supera la dimensione del destino non si è nell’evo della cristianità, tutto segnato dal tremendo dono della libertà, scomodissimo, che obbliga ad ascoltare e ad essere responsabili. Perché è molto più comodo essere servi che responsabili».
Libertà e misericordia, due parole che stanno assieme: «Il significato evangelico di misericordia è molto più che un atto di benevolenza nei confronti dell’altro. La misericordia, per esempio quella di cui si parla nella parabola del buon samaritano, indica che il cuore del samaritano va a pezzi di fronte alla persona ferita. Misericordia indica lo spezzarsi del cuore di colui che incontra la persona massacrata e abbandonata e perciò non può non farlesi prossimo».
E Maria, Madre misericordiosa, è l’incarnazione di questa misericordia. Di fronte alla sofferenza del Figlio crocifisso è lei che si fa prossima più di chiunque altro. Come i dipinti dicono.
E anche quando l’arte mostra volti diversi, quasi contraddittori, di Maria, la soluzione viene dall’arte stessa. Cacciari cita come esempi estremi la Pietà di Michelangelo e il Cristo morto di Mantegna.
Tenere insieme la contraddizione. Da un lato i corpi perfetti e giovani della celeberrima statua di Buonarroti in San Pietro: Maria, giovane, fanciulla come quando ha partorito il Figlio, tiene in grembo il Crocifisso: «Tra Lei e il Figlio un velo, tanto che Maria in nessun punto tocca il corpo di Gesù. È come se lo sollevasse senza toccarlo, facendolo rinascere».
Dall’altro lato la Madonna vecchia, rugosa e piangente del Cristo morto del Prado di Madrid: «È la forza della contraddizione – commenta il filosofo al Verdi di Padova – che bisogna sforzarsi di tenere insieme. Non è forse cosa scandalosa nel senso etimologico del termine – cioè un formidabile ostacolo da capire – che una stessa civiltà produca, a distanza di un secolo, immagini così diverse? Non c’è una riposta filosofica o scientifica. C’è la risposta che ognuno di noi deve porsi di fronte non tanto a parole ma a rappresentazioni come queste. Nella loro contraddittorietà, ognuno riesce a sopportarne l’insieme? Trova soluzioni a queste contraddizioni? Queste contraddizioni riescono ad essere fondamento del suo atto di fede? Questo esigono queste immagini. Maria esige questa interrogazione radicale».
Giorgio Malavasi