“Mappa la Pinna”. Il Cnr-Ismar (Istituto delle Scienze Marine del Consiglio Nazionale delle Ricerche) di Venezia chiede il tuo aiuto, tramite i social media, per un ambizioso progetto di citizen science, ossia di scienza partecipata con la cittadinanza, per mappare le colonie di Pinna nobilis della laguna di Venezia (notizie in dettaglio in https://cutt.ly/pinna)
«I cittadini che vivono la laguna tutti i giorni possono darci un grande aiuto. L’iniziativa – afferma Marco Sigovini, ricercatore dell’Ismar – è stata avviata in febbraio e abbiamo avuto buone segnalazioni. Si è quindi deciso di riprenderla in mano e rilanciarla in questi giorni. Ci siamo dedicati a spargere la notizia sui social, soprattutto su Facebook dove ci sono gruppi molto attivi: amanti della laguna, diportisti, pescatori, canoisti, vogatori alla veneta che con le loro segnalazioni possono dare un grande contributo».
Passando vicino all’imbarcadero del ferryboat che da Pellestrina porta al Lido di Venezia, sarà di certo capitato di notare degli enormi bivalvi, simili ad una cozza, affiorare dall’acqua quando c’è secca.
Questi giganti tra i mitili sono i molluschi Pinna nobilis, conosciuti come nacchera, stura o palostrega. La specie è tipica del Mediterraneo e segnalata nella laguna veneta già dai naturalisti dell’Ottocento. È uno dei più grandi bivalvi al mondo in grado di raggiungere il metro di altezza. Vive in laguna e in mare, spesso posizionata su praterie di posidonia o di piante affini che colonizzano le lagune, o presso affioramenti rocciosi. Questo straordinario animale è però soggetto da tempo ad una pericolosa epidemia. Lungo le coste di tutta Italia è stato decimato e l’infezione sembra percorrere l’intero Mediterraneo. Tuttavia non è ancora arrivata nella laguna veneziana e da qui nasce l’esigenza di mappare le varie colonie e di continuare a monitorarle nel tempo.
«Finora la laguna di Venezia è uno degli ultimi baluardi del Mediterraneo a non aver manifestato l’infezione. Studi scientifici – spiega Sigovini, responsabile del progetto – suggeriscono inoltre che in ambienti più confinati, come le lagune, le popolazioni resistono maggiormente. L’epidemia che colpisce il mollusco Pinna nobilis è iniziata nel 2016 diffondendosi nella parte ovest del Mare nostrum. Si sono riscontrate morie molto gravi, con la perdita della quasi totalità delle popolazioni colpite in vaste zone del Mediterraneo. La causa è la diffusione del protozoo Haplosporidium pinnae, probabilmente coadiuvato da una serie di altri patogeni. Nei mesi scorsi l’epidemia ha raggiunto l’Adriatico ed è salita fino alla Croazia per arrivare a Trieste».
Da qui nasce l’esigenza degli studiosi di avere un’istantanea della situazione pre-infezione delle colonie presenti in laguna. Con i suoi 550 chilometri quadrati, essa copre un’area molto vasta a fronte di una disponibilità limitata di ricercatori, tempo e mezzi. Ecco quindi che diventa prezioso l’aiuto della cittadinanza per monitorare il territorio.
Si può partecipare al progetto, “Mappa la Pinna”, con il proprio smartphone, collegandosi al sito https://cutt.ly/pinna e segnalando la presenza di colonie direttamente sulla cartina interattiva; oppure scrivendo a segnalazioni@ve.ismar.cnr.it. È possibile anche aggiungere preziose informazioni, come una stima del numero di Pinna nobilis o la presenza di esemplari morti. Quest’ultimo dato sarà molto importante nelle prossime segnalazioni in quanto permetterà di capire se l’epidemia si sta diffondendo anche nella laguna di Venezia. Ma come riconoscere questi animali e capire se sono vivi?
«Sono organismi molto grandi e riconoscibili, che affiorano quando l’acqua è bassa. Nel tempo – spiega l’esperto – queste popolazioni si sono evolute. Negli anni ‘80 erano quasi sparite, ma dal 2005 circa si è osservata un’esplosione demografica. I motivi sono vari, i processi ecologici non sono mai semplici da comprendere. Probabilmente il maggiore ricircolo d’acqua in laguna ha contribuito alla loro espansione. Ad oggi si possono contare, in alcune zone, anche 5 esemplari o più a metro quadro, una densità altissima per questa specie. Un animale morto può essere trovato scardinato dalla sua posizione, ma può anche rimanere ancorato in posizione verticale. Gli esemplari di Pinna nobilis vivi però reagiscono al tocco, chiudendo la conchiglia».
Il progetto resterà attivo per tutto il 2020 e, nello spirito della citizen science, i dati raccolti rimarranno una risorsa libera, quindi disponibili per i curiosi, gli appassionati di natura ma anche per le istituzioni e i ricercatori.
Maria Giovanna Romanelli