«Èun’enciclica che merita di essere approfondita, perché la fraternità implica il principio di reciprocità, che è un dare senza perdere e un prendere senza togliere».
Commenta così l’economista Stefano Zamagni, “padre” italiano dell’economia sociale e presidente dal 2019 della Pontifica Accademia delle Scienze Sociali, incontrato nella sua casa di Bologna lunedì 5 ottobre, a poche ore dall’uscita del testo firmato da Francesco ad Assisi.
Prof. Zamagni, un’impressione generale dopo la prima lettura di “Fratelli tutti”?
La definirei un’enciclica di stabilizzazione e di sistematizzazione del pensiero che papa Francesco è venuto elaborando e diffondendo negli anni del suo papato. Era necessario portare a sintesi quello che egli nelle diverse occasioni – a cominciare dagli interventi nelle udienze del mercoledì – aveva già proposto.
Insistere sulla fraternità potrebbe apparire scontato…
Attenzione, però, perché nel testo il Papa utilizza il termine fraternità e non quello di fratellanza, mentre molti purtroppo fanno ancora confusione, anche nel mondo cattolico, perché li ritengono sinonimi. Invece no. Perché la fratellanza, espressione che proviene dell’illuminismo di fine Settecento, si caratterizza a partire dal basso, cioè dal fatto che – si dice – gli esseri umani condividono la stessa natura, gli stessi diritti individuali, ecc… La fraternità invece parte dall’alto, dal riconoscimento della paternità di Dio. Allora per un credente è la fraternità il concetto chiave, non la fratellanza. Dal punto di vista pratico questo fa la differenza: se io mi riconosco tuo fratello è perché abbiamo in comune un Padre. Quindi è un concetto molto più forte rispetto a quello che ci fa sentire legati da una semplice condivisione della stessa natura e degli stessi diritti.
Un passaggio che l’ha sorpresa particolarmente?
Il titolo del quinto capitolo: “Una migliore politica”. Non era mai successo che un Papa in un documento ufficiale parlasse della necessità di cambiare la politica. Ma cambiarla non in senso vago, ma nel senso di realizzare gli obiettivi indicati nei capitoli precedenti. In particolare Francesco chiarisce la differenza tra populismo e popolarismo: dice che il populismo è oggi un pericolo vero perché nega il popolo; poiché democrazia etimologicamente significa governo del popolo è ovvio che il populismo mette a repentaglio il significato e la sostenibilità del concetto di democrazia.
Questo oggi è molto importante perché si nota questa tendenza non solo in Italia, ma anche in Europa – penso a Ungheria e Polonia – ma anche negli Stati Uniti o in Inghilterra. Tecnicamente il populismo è la tesi di filosofia politica che dice che il popolo non esiste, ma esistono le masse. Esse hanno la verità ma non riescono ad esplicitarla e allora ci vuole il capo, un leader che, interpretando i bisogni delle masse, li traduce in gesti e attività politica. Ma questo è esattamente il contrario del concetto di democrazia, dove è il popolo che si organizza per esprimere ai propri leader quello di cui ha bisogno.
La fraternità può essere anche chiave interpretativa – a posteriori – dell’enciclica Laudato si’. Quale rapporto vede tra “Fratelli tutti” e l’enciclica precedente? Integrazione o superamento?
Un completamento direi, perché il Papa ha avvertito l’esigenza di chiarire che, nonostante siano passati cinque anni dalla pubblicazione della Laudato si’, molti non hanno ancora compreso che il concetto di sostenibilità va interpretato in maniera acconcia. Non basta dire che la sostenibilità implica la transizione energetica, quella economica verso il modello circolare e quella sociale che tende all’equità. Ci vuole anche vuole la quarta dimensione, quella antropologica, che gli fa scrivere al numero 10 di Laudato si’ che una vera sostenibilità è tale da assicurare a tutti la pace interiore. Il Papa avverte il rischio che nel modello mondiale si vada verso una sostenibilità di tipo tecnocratico, che verrebbe cioè garantita attraverso l’affidamento a intelligenze artificiali, che fanno scomparire l’uomo. Col rischio di una servitù digitale o di un neotaylorismo digitale. E il taylorismo lo abbiamo sempre combattuto perché ha aumentato la produttività ma ha umiliato la dignità della persona.
Anche l’intuizione della trentina Chiara Lubich, fondatrice del movimento dei Focolari, era centrata sulla fraternità, che talvolta però molti tendono a ridurre a generico atteggiamento di attenzione verso il prossimo. E’ così?
Questo rischio esiste. Si vuole continuare a non chiarire – c’è una responsabilità anche degli intellettuali in questo – il senso profondo delle parole. La fraternità implica l’accettazione del principio di reciprocità. Mentre la fratellanza e la solidarietà hanno come presupposto l’accettazione del principio di negoziabilità, il contratto sociale. Invece la fraternità postula la reciprocità. Essa è un dare senza perdere e un prendere senza togliere. Questo è vero per tutti ma per i cristiani in particolare. La relazione fra Dio e l’uomo è un rapporto di reciprocità, non di scambio e di comando. Anche la salvezza ci è donata, noi non siamo obbligati a salvarci, possiamo accettarla o meno. Chiara Lubich, donna eccezionale, aveva capito che la pace universale non può prescindere dall’applicazione della reciprocità anche ad ampio raggio nel rapporto fra gli Stati, dove non basta lo scambio a garantire la pace, come ci insegna la storia. E’ importante che questa enciclica venga letta e interpretata correttamente e mi auguro che vari editori offrano dei sussidi per poterla approfondire, come merita.
Diego Andreatta