Una bimba zoppicante e gioiosa in un orfanotrofio rumeno le ha insegnato cos’è la gratitudine nei confronti della la vita.
E Valentina Zocca l’ha ricambiata dando vita a Il castello, un’associazione di giovanissimi che fanno del bene e insegnano a farlo alle scuole. «Era la mia prima esperienza quella – ricorda la 27enne, che fa l’educatrice di teatro per i piccoli – e una bimba mi prese in simpatia. Zoppicava. Quando mi chiese di accompagnarla al bagno notai la protesi. La prepotenza con cui lei e gli altri bambini mi facevano evidente, al di là della lingua, il loro bisogno di un amore concreto mi ha fatto capire cosa vuol dire essere grati alla vita». E proprio questo è il volontariato per Valentina, «un qualcosa che ti insegna la gratitudine. Quella bimba mi ha mostrato come ci si aggrappa alla vita con le unghie e con i denti». Ecco perché nella sua attività, ora, la ragazza si porta dietro «questo volermi mangiare la vita, essendole grata».
Uno spirito che una decina d’anni fa mette in piedi l’associazione che ora conta una cinquantina di soci, tutti giovanissimi, con una media che corre sotto i 30 anni. «Ci occupiamo di tante cose. C’è voglia di aiutare ma anche di promuovere la cultura del volontariato». In questo anno scolastico, grazie a Il castello, sono appena partiti un doposcuola per le medie all’oratorio San Giobbe, un altro a Mestre per studenti stranieri, un altro ancora a Martellago. Uno sta per cominciare a Peseggia, per i bambini delle elementari. E poi ancora letture in pediatria all’ospedale di Dolo, aiuti alle famiglie per l’acquisto di libri, materiali didattici e pannolini, laboratori socio educativi nelle scuole per letture e attività didattiche, missioni in Romania per aiutare i bambini disabili. Più due mostre itineranti che promuovono nel nostro territorio la lettura e i diritti dei bambini. E nei laboratori creativi vengono coinvolti anche giovani con sindrome di down che diventano volontari a pieno titolo della realtà benefica.
Attività che, secondo il bilancio del 2015, hanno permesso al Castello di aiutare mille bimbi delle materne, 450 della primaria e 150 delle medie.
«E poi c’è “Io dono, tu doni” – aggiunge la giovane che si è specializzata all’estero in teatro sociale – dove vengono sperimentate le tecniche di storytelling». Quando è tornata dall’Olanda, tutto il potenziale acquisito l’ha reinvestito nel Castello: «Ho approfondito le tecniche narrative applicate al lavoro di gruppo. Con le storie, qui, cerco di dare la possibilità al volontario di raccontarsi in modo diverso». Una tecnica che si incastra bene con il desiderio dell’associazione di «diffondere il senso del bello con letture animate, laboratori ludico creativi e clownerie», uno sguardo attento al mondo dell’arte come veicolo pedagogico.
Funziona così. Il Castello ha coinvolto altre quattro associazioni per insegnare loro la promozione del volontariato attraverso lo storytelling, l’arte del raccontare storie. «Una tecnica – spiega la Zocca – che può aiutare a raccontare cosa è per noi il dono. E dato che tutte queste associazioni locali, come la nostra, hanno dei contatti con le scuole, andiamo a dirlo ai ragazzi».
Insomma, l’aspirazione è alta: diffondere una pedagogia della solidarietà modulando lo strumento del racconto. Con tecniche come quelle della biblioteca vivente, nata in Danimarca, o della storia condivisa, partorita da Valentina e dai suoi compagni d’avventura: «La prima viene generalmente usata nei contesti di pregiudizio: si organizza una biblioteca, ma al posto di prenotare il libro si sceglie la storia di una persona che la racconta per 20 minuti, in quello che si trasforma poi in un dialogo a due». Questo stravolge le carte, spiega Valentina, perché chi ascolta non può più avere un ruolo passivo. E in più il testimone, sceso dal palco, annulla la differenza con chi lo ascolta. «Ci ha dato soddisfazione anche la tecnica della storia condivisa, sperimentata da noi: creiamo l’incipit, lo raccontiamo a una classe e chiediamo ai ragazzi di inventare il primo capitolo, poi a un’altra il secondo capitolo, fino ad arrivare a un grande racconto. La regola è che ogni capitolo cominci e finisca con un atto di dono. L’idea che le storie si costruiscano assieme promuove la cultura del volontariato e innesca la pedagogia della condivisione».
Giulia Busetto