«Mi sono liberata della tristezza e della noia che avevo a vent’anni perché ho smesso di fare quello che volevo fare io e ho cominciato a chiedermi cos’è che volesse Dio da me».
È la sintesi di una scelta non comune: quella di Sara Belletti, oggi suor Mariasole, 26 anni, una delle rare ragazze italiane che hanno deciso di consacrare tutta la propria vita a Dio, riconoscendo in ciò la verità e la felicità della propria esistenza.
«Questa vita non era nei miei piani». I sorrisi si colgono frequenti anche solo ascoltando suor Mariasole, che racconta al telefono la sua vita dal monastero di Bergara, cittadina dei Paesi Baschi, in Spagna. Da cinque anni vive con parecchie altre consorelle – oggi sono 45 – della comunità di Maria Stella Mattutina, una famiglia religiosa dedita alla vita contemplativa, nata nel 2014 in Spagna e già diffusa in parecchi Paesi del mondo; è presente anche in Italia con tre conventi: a Siena, a Rivarolo in Piemonte e a Fontanellato, nel Parmense.
«È vero – racconta suor Mariasole – che vengo da una famiglia cattolica e molto praticante, ma questa vita non era nei miei piani». In effetti i suoi genitori sono Marcello ed Emanuela, di Desenzano sul Garda, che qualche mese fa avevano portato la propria testimonianza di fede anche a Mestre, alla Festa del Villaggio nella parrocchia di San Giuseppe.
Seconda di sette fratelli, Sara ricorda un momento che le ha cambiato la vita: «Con i miei e la parrocchia siamo andati due anni consecutivi a Medjugorje. Il primo anno, a 13 anni, è stata una cosa come un’altra e non me la ricordo neanche tanto bene. Il secondo viaggio invece mi ha scombussolata… Sono partita come adolescente addormentata e ribelle e sono tornata con un forte desiderio di pregare, volevo leggere la Bibbia… E all’interno di me era diventata chiara la chiamata: non che io abbia mai sentito una “voce”, ma ho sempre visto chiaramente cosa mi attraeva. A 14 anni, comunque, non avevo neanche idea di come si potesse sviluppare questa cosa…».
«Pensavo che nessuno mi avrebbe capita». Una vocazione per la vita religiosa è oggi così insolita che Sara stessa per un bel po’ se la tiene per sé: «Per anni – ricorda – questa vocazione l’ho portata da sola, senza parlarne con nessuno. La mia famiglia è cattolica ma il mio circondario no, oppure è cristiano in modo molto tradizionale. Nel momento in cui, sui 19 anni, ho cominciato a volerne parlare avevo una paura folle, perché pensavo che nessuno mi avrebbe capita. Io ero già molto debole di mio, perché stavo cercando di capire cosa fare della mia vita e avevo paura di rimanere ancora più confusa. E invece sono stata felicemente sorpresa…».
Ma cos’è successo quando Sara aveva 19 anni? «Era già da qualche anno che vivevo male: ero sempre triste, non dico depressa, ma non trovavo un senso a quello che facevo e non vedevo un futuro. In un momento di lucidità estrema, mi sono detta che fino a quel momento avevo cercato di essere felice secondo i miei piani e alla mia maniera, ma tutto quello che avevo intrapreso era fallito. In quel momento di estrema lucidità ho pensato che ero troppo giovane per essere triste tutti i giorni. E così mi sono detta che era il caso di aprire un po’ la porta. Penso che a Dio sia bastato quello, perché vi si è fiondato dentro».
Sara parla con un sacerdote, si confida e chiede consiglio. Lui le dà il numero di telefono di una religiosa e lei prende contatto: «Così, dopo un po’ di mesi durante i quali tentennavo, sono venuta in Spagna, che non era dietro l’angolo e dove non conoscevo nessuno, così come non avevo mai conosciuto nessuna comunità religiosa. Per cui tutto quello che ho fatto è stato di prendere la decisione di venire e di trascorrere dieci giorni in monastero. Poi ho fatto un po’ avanti e indietro, ho mantenuto il contatto nel tempo, ho conosciuto suor Lucia, la priora di Bergara, che è originaria di Treviso. E dopo un po’, siccome avevo finito le superiori e non avevo ancora un lavoro, ho deciso di venire a fare un periodo di prova qui, nei Paesi Baschi».
La ragione che fa propendere Sara per questa scelta forte? «Che in quella esperienza mi sentivo finalmente come un pesce nell’acqua. Non ho mai troppo idealizzato o passato del tempo a riflettere: ho semplicemente vissuto e ho visto che stavo bene».
La vicinanza degli amici. Le amiche e gli amici dei vent’anni saranno rimasti molto sorpresi: una ragazza che vuole diventare suora…: «Chi mi ha sorpresa di più in assoluto è stata la mia migliore amica: lei, profondamente atea, mi ha sostenuta dal primo all’ultimo passo. In realtà tutti i miei amici si sono felicemente stupiti ed erano pronti ad aiutarmi là dove ne avessi avuto bisogno. Poi, in questi anni, alcuni li ho persi di vista, ma non per cattiva volontà da parte loro, ma perché la vita porta a fare scelte molto diverse e così ci si allontana».
E la migliore amica si è avvicinata alla fede? «Non ancora – sorride suor Mariasole – ma ci sto lavorando. La cosa stupefacente, però, resta che mentre tanti pensavano “guarda questa giovane che sta sprecando questi anni: potrebbe fare esperienze, girare il mondo…”, io ho dato la mia giovinezza a Dio e lo rifarei cento volte».
E perché Sara, entrando in monastero, ha cambiato il suo nome in Mariasole? «Per quanto il mio nome di Battesimo mi piaccia ed è legato alla mia famiglia, tanto che loro continuano a chiamarmi così, Sara era troppo connesso alla vita che conducevo prima e io avevo bisogno di staccarmene. Cercavo un nome e – sembrerà strano – ma uno dei miei libri preferiti nella Bibbia è l’Apocalisse. Leggendo il capitolo 12 sono rimasta colpita dall’immagine della donna in cielo, vestita di sole, con la luna ai piedi e le stelle attorno al capo. Io cercavo un nome mariano e leggendo quelle parole dell’Apocalisse mi è venuto forte e chiaro il nome Mariasole».
Giorgio Malavasi