Non è un caso che gli unici a stare zitti siano stati i grandi produttori di automobili. Quando, la settimana scorsa, il Parlamento europeo ha approvato la norma per cui dal 2035 non potranno più essere immatricolate auto con motore endotermico – quindi diesel o benzina, ma anche le ibride – e potranno essere acquistate solo auto a emissioni zero allo scarico, le grandi aziende automobilistiche non hanno fiatato.
Fondamentalmente perché sono già pronte per la rivoluzione dei trasporti e, anzi, ne traggono giovamento. Lo spiega Andrea Stocchetti, del Centro per l’innovazione automobilistica e della mobilità (Cami) di Ca’ Foscari nonché docente di Gestione d’Impresa e Analisi Competitiva presso la Facoltà di Economia sempre nell’ateneo veneziano.
In Italia c’è chi, anche a livelli istituzionali alti, ha parlato di decisione inopportuna e perfino folle da parte del Parlamento europeo, perché produrrebbe crisi e disoccupazione in tutta la filiera produttiva italiana: è così? E questa decisione erompe così improvvisa?
In realtà c’era già stato un primo passaggio di approvazione da parte della Commissione europea nel 2022 e prima c’era stato l’annuncio del disegno di legge nel 2020, quando ne era stata presentata la valutazione di impatto. Quest’ultima è stata fatta stimando le conseguenze della novità in termini di consumi energetici, di riduzione dell’inquinamento, di impatto economico, ma anche valutandone l’accoglienza da parte degli interlocutori principali. Quindi già nel 2019 e forse anche prima la Commissione europea aveva iniziato a sentire i produttori di auto. E che oggi si sia arrivati al voto del Parlamento vuol dire che i produttori di auto non si sono opposti, o almeno non in modo radicale e uniforme. Ha prevalso la posizione dei produttori più affidabili in termini di impegno verso la transizione ecologica. Quindi si tratta di una valutazione di impatto che è stata studiata a lungo. D’altronde, ogniqualvolta c’è la volontà politica di andare in una certa direzione, in questo caso verso la riduzione delle emissioni inquinanti, la prima cosa che viene fatta è realizzare studi da parte di organismi ufficiali.
Per questo i grandi produttori di automobili non sono intervenuti nel dibattito di questi giorni?
Beh, negli ultimi due anni tutti i produttori sono stati capaci di mettere in campo almeno un modello di auto elettrica. Si consideri che per fare un nuovo modello servono due-tre anni; questo vuol dire che erano preparati, sapevano in che direzione si andava e, anzi, la norma europea li ha tolti dall’incertezza. Dire che fra dodici anni succederà una certa cosa significa che oggi si sa dove investire: per un consiglio di amministrazione questo è un grande vantaggio. Tra l’altro, se si guardano i bilanci delle case automobilistiche degli ultimi anni, sono quasi tutti molto in positivo, tra 2021 e 2022 hanno fatto tutti utili formidabili. Questo perché l’ibrido ha portato grandi profitti e l’elettrico li sta portando, anche grazie agli incentivi, certo.
Le critiche però, almeno in Italia, ci sono state: le hanno fatte le aziende dell’indotto, i sindacati…
Come sempre, quando c’è una transizione tecnologica qualcuno ne risente. Le transizioni tecnologiche portano via posti di lavoro in certi settori e ne creano in altri. Molte aziende italiane sono posizionate su produzioni legate ai veicoli a combustione interna e quelle saranno in difficoltà. Però non è che le auto a combustione interna spariranno domani e probabilmente neppure fra sette-otto anni. Probabilmente resterà qualcosa; però sapere che ci sarà la transizione dovrebbe permettere di prepararsi al nuovo. Fra l’altro, fra i componentisti ce ne sono molti che producono già per le vetture elettriche e che avranno un vantaggio enorme da questa evoluzione. A chi si vuole dare più voce? Bisogna pensare ai problemi delle persone, perché le persone vengono prima di ogni cosa, ma non per questo si può rinviare il progresso. Piuttosto, si usino gli ammortizzatori sociali e la formazione per riconvertire i lavoratori alla nuova produzione.
Ma si è fatto un calcolo di quanta elettricità occorrerà per far viaggiare, in Italia e in Europa, un parco auto per la gran parte elettrico?
Al Centro per l’innovazione automobilistica e della mobilità (Cami) di Ca’ Foscari abbiamo calcolato quanta energia verrebbe consumata se tutte le auto italiane fossero elettriche. Conosciamo le percorrenze medie e abbiano stimato i consumi medi di auto mediamente potenti, né utilitarie né i grandi Suv: un parco auto tutto elettrico consumerebbe in un anno 60 teraWatt/ora di energia elettrica. Questo significa il 20% dei nostri attuali consumi, dato che in Italia oggi si consumano circa 300 teraWatt/ora l’anno. Questa quantità è assolutamente gestibile, e lo sarà specie tra dieci o dodici anni.
Giorgio Malavasi