L’ultima paziente operata è giunta all’Ospedale Civile dalle Marche. Anziana e portatrice di patologie complesse, necessitava di un intervento ad entrambe le anche, intervento che si era vista rifiutare altrove, fino a trovare, invece, a Venezia la migliore delle risposte.
“L’Ospedale di Venezia, con i suoi punti di forza tra cui si annovera la chirurgia dell’anca, si inserisce in pieno all’interno del lavoro dell’Ulss 3 Serenissima – sottolinea il Direttore Generale Giuseppe Dal Ben -. L’Ortopedia dell’Ospedale Civile continua ad attrarre pazienti affetti da artrosi dell’anca, che giungono a Venezia provenienti da molte regioni italiane per sottoporsi al particolare intervento di artroprotesi bilaterale d’anca, cioè dell’intervento contemporaneo per inserimento di una protesi in entrambe le anche. La scelta che molti fanno dell’Ospedale Civile è legata anche alla particolare tecnica utilizzata: a Venezia si interviene con la tecnica denominata AMIS, che sta per ‘Anterior Minimally Invasive Surgery’, praticata con un’importante casistica dall’équipe guidata dal dottor Ricciardi”.
E’ emblematico il caso della paziente marchigiana operata nei giorni scorsi: “Era da a anni costretta a muoversi con la sedia a rotelle – spiega il Primario di Ortopedia del Civile, Alberto Ricciardi – per una marcata coxartrosi bilaterale dell’anca. Nella paziente, settantenne, alla patologia che colpiva le anche si aggiungeva un quadro generale scadente per la presenza di comorbidità: cardiopatica, monorene, era inoltre in dispnoica in terapia con O2. Ancora, la paziente presentava difficoltà di tipo anestesiologico. Per la somma di tutte queste difficoltà alla signora in questione era stato più volte rifiutato l’intervento”. La paziente però non ha inteso rinunciare: a causa del persistente dolore, e per l’assoluta limitazione funzionale che le provocava la sua situazione, pur consapevole del rischio perioperatorio, ha cercato qualcuno disposto ad operarla, fino ad affidarsi all’équipe dell’Ortopedia di Venezia.
Presso il nosocomio veneziano l’intervento è stato eseguito con successo grazie all’intervento congiunto di specialisti di équipe diverse, attraverso la collaborazione tra il Primario ortopedico dottor Ricciardi, il Primario di Anestesia e Rianimazione, il dottor Marco Meggiolaro, ed il Direttore della Cardiologia del Civile, il dottor Giuseppe Grassi.
“In questi pazienti le problematiche cardiorespiratorie – spiega il dottor Ricciardi – rendono necessarie particolari scelte anestesiologiche. Nel caso di specie si è scelta una tecnica di anestesia loco-regionale mediante il posizionamento di un catetere a livello sub aracnoideo permettendo quindi l’esecuzione di un’anestesia spinale con dosi minime e modulabili di anestetico locale. Con la tecnica AMIS – sottolinea il dottor Ricciardi – si provoca un minore trauma chirurgico rispetto ad altre modalità di intervento sulle anche: non c’è alcuna incisione dei tessuti muscolari, che vengono solo spostati mentre il chirurgo raggiunge l’articolazione e posiziona la protesi: in sostanza, si consente la conservazione dei muscoli riducendo quindi il sanguinamento intra e postoperatorio. Questo comporta una minore perdita di sangue, riduce il rischio di zoppìa e permette, di nuovo, di accelerare la riabilitazione gestita dal personale della medicina riabilitativa, cioè dai medici fisiatri e fisioterapisti, e dal personale infermieristico del reparto ortopedico, riducendo così di molto i tempi della degenza ospedaliera”.
La tecnica AMIS per il trattamento chirurgico dell’artrosi dell’anca è ancora poco diffusa in Italia, con maggior incidenza nelle regioni del Triveneto. Il dottor Ricciardi, a cui è affidata la guida dell’Ortopedia del Civile, la utilizza da anni. Già Direttore dell’Ortopedia dell’Ospedale di Castelfranco Veneto, ha eseguito con questa tecnica circa 2500 interventi, annoverando tra i suoi pazienti anche casi “difficili” come grandi obesi, nei quali l’accesso all’articolazione dell’anca è ostacolato dall’abbondanza dei tessuti molli, e anche pazienti che per il loro credo religioso, ad esempio i Testimoni di Geova, non accettano le trasfusioni di sangue”.