Una signora giudecchina ha deciso di aprire le porte della sua casa ad una giovane nigeriana, aderendo ad un progetto della Caritas italiana volto a favorire il processo di integrazione di migranti già presenti in Italia. Si tratta del progetto “Apri”, sostenuto anche da Caritas veneziana, che attualmente vede coinvolti 15 stranieri, che stanno sviluppando la cosiddetta seconda fase del processo di inserimento, dopo la prima accoglienza.
Erika De Dea insegnante in pensione, giudecchina di adozione, ma originaria di Vallada Agordina. Ha 71 anni. È stata maestra alle scuole elementari, prima però ha lavorato in università con incarichi amministrativi. Fin qui il ritratto di una pensionata, come molte, che vive sola. Erika si è però impegnata ad accogliere nella sua casa Blessing, una giovane nigeriana che è in Italia da quattro anni.
In passato la signora Erika ha già vissuto esperienze simili: una accoglienza di un giovane rifugiato politico siriano e una esperienza di servizio di insegnamento in Sud America. «Ho insegnato all’estero – racconta – e ho fatto 13 anni in America latina: sei anni e mezzo in Cile a Concepción e sei anni e mezzo in Argentina a Rosario, due città che sorgono su grandi fiumi. Una esperienza che mi ha cambiato». Poi, circa due anni fa, ha sostenuto nello studio dell’italiano un giovane del Bangladesh, che ha abitato con lei. Il salotto di Erika si è così tramutato in uno studio, dove fare lezione di italiano, in modo da aiutarlo ad integrare i corsi della scuola che frequentava.
Erika abita alla Giudecca, vicino a Palanca. Blessing vive presso una abitazione alla Celestia. In questo periodo si sono conosciute e Blessing è andata spesso a casa di Erika, anche per alcuni giorni.
Come ha deciso di iniziare questa esperienza?
È nata quasi come una ribellione ai tanti servizi della televisione e dei giornali, ad esempio quelli sui profughi a Lesbo, le navi bloccate in porto…Mi sono detta ‘Poverini, poverini’…è grave che io dica solo ‘poverini’! Sentivo di dover prendere una decisione e passare dal dire al fare, in base alle mie possibilità. Ho pensato di tenerne veramente uno a casa mia. È stato come dire: ‘tu da che parte stai?’.
Come ha conosciuto il progetto “Apri” della Caritas?
Ho un nipote che lavora da anni nel settore dell’immigrazione, attualmente lavora come consulente esterno a Roma per il ministero dell’Interno e gli ho chiesto di consigliarmi una struttura solida a cui fare riferimento. Io volevo un siriano o una siriana, in quanto anni fa in famiglia avevamo ospitato un siriano che non poteva rientrare in patria per motivi politici. Ma l’operatrice della Caritas veneziana Martina Libertà mi ha proposto di accogliere uno straniero già presente sul territorio italiano. Ho avuto dei colloqui, poi un dialogo informale telefonico. Ho conosciuto Blessing, una ragazza nigeriana che risiede nella casa alloggio alla Celestia, con la quale abbiamo iniziato a vederci e in modo semplice abbiamo vissuto delle esperienze insieme: visite, vivere del servizio insieme. L’ho presentata in condominio, perché la conoscessero tutti. Ha partecipato con me a delle feste qui nel vicinato. Ho presentato ai vicini e agli amici la rete Caritas, l’organizzazione e le leggi che lo consentono e le strutturano. Gradualmente abbiamo iniziato ad uscire insieme e Blessing talvolta è anche venuta da me. È stato tutto molto naturale. Le piace festeggiare, una sera è rientrata a casa per prepararmi la cena. Ho visto in lei un grande bisogno di tenerezza.
Come condividete la vita insieme?
Dove vado io viene lei. Ha deciso di chiamarmi “nonna”, è una persona molto affettuosa senza essere invadente, è anche premurosa. Il grande cambiamento che ho vissuto per ora è solo nella gestione degli spazi della casa: ho rinunciato al mio studio, lasciando solo i libri, spostando tutto quello che era spostabile. Ho svuotato due cassetti. Ho fatto dello spazio per lei. Per ora non considero rilevanti altri cambiamenti. Se la casa è gestibile, le cose si affrontano.
Cosa vuol dire vivere con qualcuno che viene “da un altro mondo”?
Blessing ha tanto bisogno dei suoi menù, ha le sue abitudini alimentari, con i suoi orari. È una cosa importante per ritrovare gli odori e le cose che danno sicurezza. Ad esempio lei mangia la pasta al mattino. Sono cambiati gli odori in casa. Ci rido un po’ sopra e apro le finestre. Anche questo è un cambiamento, ma lo prendo molto sorridendo. So che devo tenere in considerazione il fatto che siamo di due mondi diversi e dobbiamo stare in equilibrio in modo che questi mondi si equilibrino. È come il cappuccino: sono due cose diverse che formano una cosa squisita.
Come procederà l’inserimento?
Lei verrà a stare da me. Io non riceverò un sussidio per ospitarla, ma la aiuteremo a trovare un lavoro. Ovviamene siamo seguite anche con un supporto psicologico. C’è un accompagnamento, non siamo sole. Avrà la sua camera e il suo bagno. Secondo il progetto “Apri” sono previsti dei sostegni economici per dei progetti mirati di integrazione, come lo sport, lo studio… Sto pensando di proporle di andare a nuoto e di inserirsi nella realtà della remiera alla Giudecca, dove ci sono molte ragazze. Il 18 prossimo verrà a Vallada Agordina nel bellunese insieme con la mia famiglia.
Marco Zane