Tornare a Venezia è difficilissimo, ma il soggiorno forzato in Olanda permette di vedere una cosa: che una società ben organizzata sa vivere con relativa serenità un dramma come l’epidemia da Coronavirus.
Lo mette in evidenza Valeria De Toffol, veneziana che avrebbe dovuto far rientro a casa già un paio di settimane fa, ma che l’emergenza da Covid-19 costringe nei Paesi Bassi a tempo indeterminato.
«Sono venuta ad Amsterdam il 20 febbraio – racconta – a trovare mio figlio che qui vive da oltre otto anni, ed ho un nipotino di pochi mesi. Avevo anche acquistato il biglietto di ritorno per l’11 marzo, ma il volo è stato cancellato e a tutt’oggi non ci sono collegamenti aerei tra le due città».
La signora De Toffol si è infatti trovata nel bel mezzo dell’accelerazione presa dal tornado Coronavirus, quando i collegamenti aerei, in pochissimo tempo, sono scemati e si sono in gran parte interrotti.
«Ho consultato il sito dell’ambasciata italiana in Olanda, dove mi indicano come alternative voli da Bruxelles o dalla Germania verso Roma, previa conferma delle compagnie aeree». Ma è facile capire che si tratta di un’alternativa poco praticabile: implica comunque spostarsi in Belgio o in Germania, senza neppure la certezza che gli aerei poi partano.
Da ciò la scelta obbligata di rimanere ad Amsterdam, un disagio addolcito dal poter godersi nipotino, figlio e clima di famiglia. «Il fastidio – aggiunge la signora veneziana – è invece quello di non essere a casa mia e non poter seguire i miei molteplici interessi, in primo luogo in più realtà di volontariato. Ma capisco che, alla luce dei fatti attuali, quello che vorrei fare a Venezia mi sarebbe impossibile».
La sosta prolungata in una circostanza imprevista e drammatica è perciò anche occasione per vedere come si comporta un altro popolo.
Un popolo e un Paese, per giunta, che non sono risparmiati dal Covid-19. I dati di oggi dicono che in Olanda ci sono 7.459 persone contagiate e 434 decedute. Per un Paese di 7 milioni di abitanti non è poco: in proporzione, l’incidenza è di poco inferiore a quella che si registra in Italia, Paese di 60 milioni di abitanti.
«I Paesi Bassi – osserva Valeria – sono una nazione molto diversa dall’Italia nei tratti umani e anche nell’organizzazione sociale. Le comunicazioni relative al Coronavirus sono iniziate e proseguono un po’ a gradi. Da una parte discorsi ufficiali di re e primo ministro al popolo, cosa del tutto inusuale. Ma danno consigli, non ordini. E lo fanno a proposito delle distanze, del no alle strette di mano… Ai parchi, però, si continua ad andare e i mercati ambulanti sono aperti. C’è da dire che qui i sindaci hanno molta autonomia: per esempio quello dell’Aja da ieri ha proibito i mercati, mentre ad Amsterdam vengono mantenuti solo quelli di prodotti alimentari».
Un po’ come se si volesse rendere consapevoli gli olandesi del pericolo, dando loro conoscenza degli strumenti che riducono il contagio, senza però fermare in blocco un’intera società. Le scuole sono chiuse, «ma qui – conclude la signora De Toffol – funziona molto bene la telematica: quindi telelavoro, didattica a distanza e acquisti on line di tutti i tipi mantengono vitale il contesto sociale».
Giorgio Malavasi