Sono 167 i gruppi di controllo di vicinato oggi operanti, tra Venezia e Terraferma. E contano su circa 3600 iscritti che, colloquiando tra loro, grazie a comunicazioni via Whatsapp, suddivisi per aree, segnalano eventuali situazioni sospette.
È questo il bilancio considerevole di un’iniziativa che ha preso via via piede, su stimolo e con il coordinamento del Comune di Venezia, e oggi rappresenta un attore importante della nostra vita sociale. Soprattutto, queste 3600 persone dicono i problemi ci sono, ma insieme – cittadini, Comune e forze dell’ordine – possiamo fare molto.
Tutto ciò a difesa delle nostre abitazioni, per proteggerle dalle visite inaspettate di fantomatici ladri, un po’ funamboli, equilibristi, abili nell’aggirarsi tra noi, aggiornati sull’ultimo modello di serrature.
Una casa derubata è una entità violata nella sua intimità, nei suoi ricordi, nella sua vita di famiglia. La presenza delle forze dell’ordine è costante, giorno dopo giorno, in modo visibile e non, ma non può essere dovunque.
È così che è nata questa modalità di partecipazione attiva dei cittadini. Persone attente alla propria sicurezza tanto da garantire anche quella altrui. E, soprattutto, cittadini capaci di fare rete e di creare nessi fra di loro: «Un nuovo modello di intendere la città grazie all’aiuto di persone non distratte, per recuperare una idea di comunità»: queste le parole con cui è già intervenuto il sindaco di Venezia Luigi Brugnaro, cui si aggiungono quelle del consigliere Enrico Gavagnin, delegato del Sindaco alla sicurezza partecipata: «Il controllo di vicinato – spiega – è un impulso al senso civico di aggregazione: non si tratta di ronde, ma di riprendere una filosofia di vita che punta sulla collaborazione tra vicini, per instaurare un clima di sicurezza. Il senso di vicinanza fa sì che ci si senta più sereni e più sicuri nella propria area, e la comunità diventi così più unita e consapevole».
Questa rete ha operato intensamente l’anno scorso: sono stati veicolati 29.000 messaggi. Dal 2016, inoltre, sono stati organizzati 60 corsi rivolti ai coordinatori dei gruppi e agli iscritti. Per il 2019 ne sono pianificati altri 30 per favorire sempre un adeguato e progressivo corretto “apporto tecnico”.
La formazione capillare, infatti, pur impegnativa dal punto di vista organizzativo, risulta fondamentale nello sviluppo e continuazione del progetto perché, spiega Gavagnin, «dobbiamo agire sulla conoscenza, quindi sulla consapevolezza, per consolidare la percezione che non siamo soli».
Antonella Ruggieri