Il problema era l’innesco. Un team di ricercatori e ricercatrici dell’Università Ca’ Foscari Venezia e del Centro di Riferimento Oncologico di Aviano, guidati da Flavio Rizzolio, ha trovato come risolvere il problema ed avviare con efficacia l’innesco. Da lì prende il via il processo che mette in moto una sorta di effetto domino che “abbatte” le cellule tumorali e lascia in vita quelle sane.
Questo è il senso della scoperta condotta a Venezia, in qualche modo un’“opera prima” per l’università veneziana, che da sempre offre didattica e studi eccellenti in tante altre discipline, ma che in ambito di ricerca medica finora non si era particolarmente segnalata. È però anche vero che, da qualche anno in qua, la tradizionale attitudine dell’ateneo alla chimica industriale, complice anche la metamorfosi in corso nell’area industriale di Marghera, sta lasciando spazio a studi scientifici multidisciplinari, in particolare nel settore dei nanomateriali e della biologia. E la ricaduta, come in questo caso, riguarda l’ambito biomedicale. Dunque: quello attualmente in fase di brevetto è un nanomateriale in grado di innescare un “effetto domino” di radicali liberi capace di distruggere le cellule tumorali.
I radicali liberi, comunemente associati all’invecchiamento cellulare, possono infatti diventare degli alleati nella lotta contro il cancro. Il nanomateriale, a base di nitroprussiato di rame (CuNP), è stato testato in vitro sul carcinoma ovarico, mammario e sul glioblastoma (tumore del cervello e del sistema nervoso). Ora il team procede con le sperimentazioni in vivo per un suo futuro utilizzo nella terapia chemioterapica. I radicali liberi sono delle specie chimiche altamente reattive, capaci di interagire con differenti componenti cellulari danneggiandole irreversibilmente tramite delle reazioni a catena. I radicali liberi a base d’ossigeno (Ros) possono essere generati dall’incontro fra determinate specie metalliche, come il ferro o rame, e il perossido di idrogeno, comunemente noto come acqua ossigenata, prodotto dal normale metabolismo cellulare.
«Nel caso del nitroprussiato di rame – spiega Flavio Rizzolio, professore a Ca’ Foscari e coordinatore della ricerca – la generazione di questi radicali altamente tossici avviene prevalentemente all’interno del tumore, danneggiando irreversibilmente le cellule tumorali, lasciando invece intatte le cellule sane del nostro organismo».
L’innovazione, studiata nei laboratori di Ca’ Foscari e Cro di Aviano, supera un limite importante di una delle tecniche più promettenti per il trattamento dei tumori, la terapia chemodinamica, che ha per obiettivo l’eliminazione dei tumori in modo mirato, sfruttando l’interazione fra un catalizzatore metallico e il perossido di idrogeno normalmente presente in elevate quantità nelle cellule tumorali. Tuttavia, fino ad oggi i nanomateriali in grado di generare radicali liberi a base d’ossigeno (Ros) richiedevano sistemi ausiliari per essere funzionanti. Mancava l’innesco, insomma, o era poco efficiente.
«L’intuizione – spiega Rizzolio, che ha lavorato insieme a Muhammad Adeel e Kanwal AsifIl per Ca’ Foscari e Vincenzo Canzonieri per il Cro di Aviano – è stata quella di mettere più metalli assieme per aumentare l’efficienza della reazione». Tutto ciò in forma di nanoparticelle, «che hanno la capacità di accumularsi nei tumori perché i tumori, quando crescono in volume, producono vasi sanguigni “malfatti”, dentro i quali possono entrare e annidarsi alcune nanoparticelle». Insomma: l’idea del team di Ca’ Foscari è stata quella di sfruttare le maglie allargate del setaccio per fare infiltrare chi è in grado di combattere il cancro.
Giorgio Malavasi