Altro che ritorno in Veneto dei 20 miliardi di residuo fiscale. Scordiamoceli, anche se ottenessimo maggiore autonomia. «Bisognerebbe cambiare la Costituzione per ottenerli. Perciò autonomia sì, ma senza spingere su promesse che non si possono mantenere».
Onofrio Rota, segretario regionale della Cisl, contesta l’argomento principe usato dal presidente del Veneto, Luca Zaia, per far avanzare l’istanza autonomistica della nostra regione. Da sempre Zaia punta su un argomento di fondo: il Veneto e tutto il Nord versano quasi il doppio, in tasse, allo Stato, rispetto a quanto danno altre regioni, specie del Meridione.
E questi danari non solo non tornano nel nostro territorio in forma di servizi ma – secondo il Governatore del Veneto – vanno a finanziare sprechi; o comunque vengono male utilizzati, una volta indirizzati soprattutto al Sud. E’ per questo che Zaia da anni spinge per una maggiore autonomia finanziaria, fiscale e amministrativa del Veneto. Ed è perciò che il 22 ottobre si andrà a votare per un referendum tramite cui si chiederà ai veneti se vogliono maggiore autonomia. Dopodiché, prevedendo un’amplissima vittoria dei sì, Zaia e i suoi assessori andranno a contrattare con il Governo e i vari Ministeri.
L’obiettivo è ottenere nuovi spazi e poteri da gestire direttamente da Venezia. «Ma detta così – commenta Onofrio Rota, nei giorni scorsi confermato segretario del più grande sindacato regionale – l’autonomia è ambigua. E quello che promette Zaia rischia di essere una bugia: non c’è scritto da nessuna parte che, con maggiore autonomia, il Veneto potrebbe tenersi una parte o tutto il residuo fiscale. È una richiesta non praticabile. Bisognerebbe modificare la Costituzione: le deleghe indicate nell’articolo 116 della nostra legge fondamentale non lo prevedono».
Insomma, secondo Rota, anche dopo il probabile plebiscito referendario e dopo una buona contrattazione, dal punto di vista delle risorse cambierà poco. Quei 20 miliardi all’anno non torneranno a casa: «Non succederà quello che accade in Trentino Alto Adige. E a Zaia dico che non si può continuare ad usare argomenti che solleticano solo la pancia».
Ma quello di Rota non è un “no” ad una maggiore autonomia del Veneto. E’ un sì, a patto che si faccia chiarezza. «Prima di andare davanti all’elettore per porgli la domanda banale “vuoi tu l’autonomia?”, bisogna, secondo me, precisare i contenuti dell’autonomia».
Per esempio? «Per esempio – risponde il sindacalista – potremmo gestire noi veneti il mercato del lavoro in Veneto. Potremmo impegnarci per la formazione, la riqualificazione professionale e il ricollocamento dei lavoratori usciti per situazioni di crisi. Potremmo gestire noi l’assegno di ricollocazione, che è stato di recente introdotto ed è finanziato grazie a fondi del ministero del Lavoro. È uno strumento buono, che prevede un contributo economico all’agenzia che non solo si prende carico del lavoratore, ma anche lo accompagna fino alla nuova collocazione in azienda. In ottica di autonomia questa attività potrebbe gestirla un’agenzia regionale, come già fa il Trentino». (G.M.)