La frase magica o, meglio, il principio troppo spesso dimenticato e invece da rispettare assolutamente – per cercare di limitare il più possibile i disastri del maltempo e delle precipitazioni di questi giorni – è: invarianza idraulica.
Vuol dire che ogni fabbricato, ogni realtà costruita, non deve pesare sul sistema idrogeologico di cui fa parte e non deve, quindi, andare ad aggravare e aumentare (o favorire) il dissesto di quel territorio. Per riuscire ad assicurare tutto questo, afferma Claudio Pianegonda (presidente del consorzio di cooperative Cerv e di Confcooperative Habitat Veneto), «ci vogliono particolari accorgimenti e attenzioni quando si costruisce o si demolisce e si rigenera il costruito per far sì che la pioggia violenta e intensa sia adeguatamente trattenuta, riparata e rilasciata lentamente nel tempo. Bisogna fare dei bacini di laminazione oppure, sotto le strade e sotto i parcheggi, delle vasche che servono per trattenere e filtrare l’acqua che poi finisce nel sottosuolo per alimentare le falde idriche. In ogni zona vanno fatte tutte le opere di invarianza idraulica. E quando ci sono la situazione cambia radicalmente».
Materie prime: calano i prezzi. Accanto a queste considerazioni di stretta attualità, con l’architetto Pianegonda si può fissare il punto sul mercato edilizio ed immobiliare in tempi di grande volatilità e non poca difficoltà nel far ripartire il settore, soprattutto in ambito privato. Molta attenzione è oggi riservata alle opere pubbliche (asili, scuole, strade ecc.) legate perlopiù al Pnrr e molte imprese sono ancora impegnate con i bonus e superbonus condominiali, anche se chi ha deliberato in ritardo difficilmente riuscirà a fare i lavori e le cessioni del credito sono bloccate. Poco più di un anno fa c’era stato il picco dei prezzi delle materie prime per l’edilizia; nei mesi successivi si è assistito ad un calo sensibile (fino al 20%) ma non ancora così significativo da riportarli ai livelli che avevano prima di pandemia, crisi energetica e scoppio della guerra in Ucraina. Si è tornati, comunque, ad avere una buona reperibilità dei materiali.
«Il costo di costruzione di un nuovo alloggio medio con 2 camere più accessori – osserva – va dai 180 ai 200mila euro, pari a 1.680-1.870 euro al mq commerciale. Uno che si vuole costruire una casa nuova, alla fine, non spende meno di 350-400mila euro pur facendo appalti scorporati». Quanto al mercato delle compravendite, «è vivace su Olmo, Zelarino, Campalto e Marcon. A Mirano i prezzi sono alti ma le case vengono vendute. A Jesolo un appartamento di 70 mq, non proprio vicino al mare e di due camere, viene venduto a 350-360 mila euro. E viene acquistato da gente che ci va ad abitare. Su Mestre la gente cerca case di livello medio-alto, il medio è morto, e qui invece c’è tanto “usato” in vendita: alloggi degli anni ’60 acquistati – spiega l’architetto – in gran parte da stranieri che arrivano fino a 100-120mila euro di spesa». In generale si registra un deciso rallentamento nel numero di atti notarili, più marcato per immobili di nuova costruzione, mentre quasi nessun preliminare di alloggio in costruzione viene firmato in questo periodo: «Chi acquista oggi sono persone sui 40-45 anni. I pochi giovani che lo fanno è perché hanno un aiuto importante dei loro genitori (50-70mila euro ciascuno) e poi contraggono mutui dell’importo di 100mila euro. Ma c’è tanta gente impaurita dall’aumento dei mutui e alcuni grandi istituti di credito sono poco disposti a concederli, lo si vede dalla selezione che fanno a chi li richiede. Spesso sono solo le banche di credito cooperativo a concedere il mutuo». E così sono pochi anche i mutui che si accendono in questo periodo (a tasso variabile e non più fisso).
Non funziona il “rent to buy”. Non decollano ancora forme contrattuali come il leasing o il “rent to buy” (che consente di iniziare con una sorta di canone d’affitto e poi si può decidere se acquistare il bene, detraendo dal prezzo almeno una parte dei canoni già pagati) – mentre scarseggia, ad esempio, l’offerta di appartamenti residenziali per le famiglie: «Nessuno vuole affittare a famiglie, perché il canone sarebbe più basso e il vincolo locativo di lunga durata. È aumentata la domanda per la locazione ma c’è poca offerta ed è quasi del tutto assente quella di qualità».
Alessandro Polet