«In queste ore, come Chiesa di Venezia, abbiamo cercato di alleviare una situazione che rischiava di deflagrare: è stato un intervento di tipo emergenziale, messi di fronte ad una situazione singolarissima – di vera difficoltà ed emergenza oggettiva, che rischiava di “incartarsi” e di aggravarsi ulteriormente – a cui abbiamo offerto una risposta con la disponibilità dei nostri parroci che ringrazio, insieme alle loro comunità, per l’aiuto dato con prontezza».
Lo rileva il Patriarca di Venezia, mons. Francesco Moraglia, facendo il punto sull’emergenza migranti affrontata in queste ore nel Mirese.
«Dare una mano, ospitare, accogliere, venire incontro a chi si trova in situazione di vero disagio: ecco quello che abbiamo fatto. Per questo ho chiesto alle comunità parrocchiali coinvolte di aprire le porte delle loro strutture; il vicariato interessato è quello della Riviera e delle sue collaborazioni pastorali. Ringrazio in particolare don Gino Cicutto, don Mauro Margagliotti, don Carlo Gusso, don Cristiano Bobbo, don Luigi Casarin e i responsabili diocesani della carità e dei servizi generali del Patriarcato».
L’intervento, sottolinea il Patriarca, «ha raggiunto numeri superiori alle prime stime e disponibilità raccolte. Infatti, 212 sono state le persone che hanno passato la notte nei nostri patronati: 55 a San Nicolò di Mira, 45 a Gambarare, altri 45 a Borbiago, 47 a San Pietro di Oriago e poi ancora altri 20 a Casa San Raffaele di Mira Porte, la struttura di prima accoglienza della Caritas diocesana».
«Sono stati distribuiti pasti, messe a disposizione coperte, in una di queste strutture c’era anche a disposizione un medico che ha prestato la sua opera, visitando alcune persone… Sento, quindi, il dovere e la gioia di ringraziare tanti che si sono impegnati e mobilitati in queste ore con uno spirito di servizio, di sacrificio ed una generosità notevoli ed encomiabili. Oltre ai nostri sacerdoti, che hanno accolto con disponibilità questa richiesta improvvisa, ci sono stati molti volontari – soprattutto giovani – e le realtà associative – un cenno particolare ai nostri bravi scout – che non hanno fatto mancare il loro contributo decisivo, competente e prezioso affinché l’accoglienza fosse il più possibile dignitosa e adeguata e a tutti – a chi era ospitato ma anche alla realtà e al territorio che ospitava – fosse garantita una notte tranquilla e serena. Un grazie anche alle istituzioni e alle forze dell’ordine che hanno accompagnato e seguito con vigile attenzione tutti i vari momenti».
Mi permetto qui di richiamare – rafforzandole alla luce degli odierni eventi che non possono lasciare indifferenti – le parole che, proprio nei giorni scorsi, avevo scritto alla Chiesa di Venezia per la Giornata Mondiale dei Poveri che si celebra domenica 19 novembre 2017. Osservavo, prima di questi fatti, che superando una certa pigrizia o disattenzione, siamo chiamati a dar spazio al povero che Dio ci fa incontrare anche in situazioni non semplici e che siamo chiamati a far “nostre” con un supplemento di carità e fantasia evangeliche. Ripeto anche che, oggi, la sfida è costruire una società che sia realmente inclusiva, accogliente, capace d’incontrare gli altri anche innanzi a diritti che confliggono. Per far questo è necessario, quindi, che nessuno – dalle istituzioni agli enti locali, dalla politica alla società civile e alle realtà ecclesiali – si sottragga al senso profondo ed autentico del proprio impegno e delle proprie responsabilità. C’è bisogno che ognuno faccia la sua parte, non eliminando o accantonando difficoltà e problemi ormai “strutturali” per il nostro vivere di oggi ma aiutando concretamente a risolverli, in modo lungimirante e realista. Ricordo, infine, che la questione centrale rimane sempre quella di mantenere l’uomo al centro, nella sua dignità e nel suo valore da rispettare e nel suo essere soggetto imprescindibile, insieme, di diritti e doveri».
«In queste ore – conclude il Patriarca – si è fatto fronte in tempi brevi ad un’emergenza, con grande impegno e dedizione. Pensare che tale situazione si possa protrarre ancora non sarebbe realistico e confidiamo, quindi, nel lavoro delle istituzioni».