«Picchiavamo per noia. Ci davamo appuntamento e uscivamo, poi non si sapeva». È la frase “candida” e sconcertante con cui uno dei trenta giovani indagati ha “spiegato” il perché di pestaggi e azioni di violenza contro chi capitava a tiro del branco.
Parliamo della cosiddetta baby gang di Venezia, quella che ha compiuto un significativo numero di atti violenti fino alla scorsa primavera, a Rialto ma non solo. Poi è intervenuta con decisione la Polizia e gran parte di quella trentina di giovani sono stati individuati e, in alcuni casi, sono finiti agli arresti domiciliari o in comunità.
Gli ultimi due sono di questi giorni. A guardare le loro foto, pubblicate sui giornali, viene da pensare ai più bravi ragazzi della porta accanto, non agli autori di angherie e pestaggi.
D’altronde, quello che fa impressione è proprio questo: ragazze e ragazzi dalla faccia pulita, che non sanno cosa fare e si inventano una violenza contro il primo che capita.
È un motivo in più per sottolineare, di converso, il valore educativo delle comunità cristiane. Senso della vita, impegno, un po’ di disciplina e un po’ di fatica, attenzione per l’altro, invito al rispetto delle persone e delle cose…: il tutto condito con allegria e il piacere di tessere relazioni. Questo è il mix che, nel nome della Buona Notizia e avendo quella come stella polare, dà una direzione alla gioventù e allontana da certa noia delinquenziale. È una ragione in più, anche se si considerasse il solo profilo sociale, per sostenere – da parte di tutti, anche delle istituzioni – il principale “vaccino” contro le baby gang.
Giorgio Malavasi