«Spesso mi hanno mandato ad aprire nuove missioni». Padre Tiziano Sidelio Marian è un carmelitano scalzo missionario, in Madagascar da 53 anni. Nei giorni scorsi era a casa, a Ponte Crepaldo (Eraclea). Classe 1947, originario di Cittanova, ricorda che il desiderio di farsi prete e missionario è nato presto: «Avevo cinque anni e vedevo la mia famiglia andare in chiesa. Chi seguiva l’Azione Cattolica dei ragazzi a Cittanova ci parlava spesso delle missioni in Africa e dei bambini sfruttati. Poi un padre carmelitano ogni anno veniva per la festa della Madonna del Carmelo, patrona del paese». Una predicazione che non lo lasciava indifferente.
«Il mio sogno si è realizzato e ora sono la persona più felice al mondo». La felicità traspare convinta e convincente nonostante il tono pacato. Ed ecco un veloce bilancio: «Sono entusiasta come il primo giorno, solo che l’età avanza… La gente è contenta, creo buone relazioni. Dico spesso ai miei fedeli: “Vi voglio bene…” Qualche volta ho detto: “Non vi voglio bene – per tenerli sulle spine – perché… vi adoro. Non ho altra ragione che voi”».
Il Madagascar è un’isola grande… E lui non è rimasto sempre nello stesso posto. «Per vent’anni sono stato alle Mauritius». Da due è invece in una nuova missione a Nord. Gli sono serviti una buona conoscenza del francese e uno spiccato senso pratico: «Ho terminato gli studi in Madagascar per migliorare il francese e conoscere usi, costumi e mentalità del posto».
Da parte sua tanta voglia di incontrare le persone. «Visito le famiglie e i villaggi. Mi fermo a parlare con la gente lungo la strada; domando se ci sono cattolici. Ho capito che alcuni sono diventati protestanti semplicemente perché non c’erano preti. Io dico loro: “Non vengo per portarvi alla fede cattolica: pensateci e pregate”».
P. Marian serve la chiesa parrocchiale e altre cinque piccole chiese; la più lontana dista circa 40 chilometri dal centro: due ore per arrivarci, viste le strade. «Qui i preti diocesani non vengono. Dicono che non vogliono spendere in benzina per “niente”. La gente non è abituata a fare offerte quando riceve i sacramenti; perciò secondo loro non conviene occuparsene. Ma bisogna fidarsi della Provvidenza».
Non tutti ci riescono… «I cattolici nella mia diocesi di Diego Suarez sono meno del 9 per cento. Ci sono tanti calvinisti e varie sette. Un po’ tutti credono in un dio, ed è molto diffusa la paura del malocchio».
P. Marian invece sparge semi di speranza: «Al mio arrivo, in chiesa ci venivano 40 persone. Ora sono da 400 a 600 ogni domenica, gran parte giovani non battezzati, attratti dalla nuova proposta. La gente viene contenta. C’è il coro, ma cantano comunque tutti. A fine messa, spesso si alzano in piedi e danzano per ringraziare». Il terreno per arrivare al battesimo è buono.
Il matrimonio invece è un sacramento un po’ “complicato”. Soffre per quella certa autorità delle donne che intimorisce gli uomini: «Due anni fa, ad ogni modo ho celebrato 58 matrimoni tutti insieme; quest’anno, 52. Più altri singoli».
Ma i sacramenti non sono tutto: «Faccio del mio meglio. Ho sistemato la casa; ho comprato letti, tavolo, sedie e pannelli solari, più una macchina; e costruito un garage. Abbiamo pitturato l’interno della chiesa. Ora servono lavori esterni. La gente non è abituata, ma voglio che collabori».
P. Marian si misura anche con i problemi sociali: le piantagioni di cat, una droga leggera, più redditizia dei legumi coltivati prima. «Tutti ne masticano le foglie tenere, anche chi viene in chiesa, perché dicono che danno forza. In realtà causano ulcere e le donne incinte o che allattano fanno crescere bambini con ritardi mentali. Ogni giorno partono camion con anche 40 quintali di cat verso le città del Madagascar. Ci impegniamo a far studiare i bambini anche per tenerli lontani da questa sostanza».
Giovanni Carnio