Su 19 pazienti gravi, affetti da Coronavirus, uno è morto ma gli altri 18 sono migliorati e in larga parte già guariti e dimessi.
È questo il primissimo bilancio della terapia con il plasma all’ospedale di Padova. A parlarne è Giustina De Silvestro (nella foto, con il presidente del Veneto Zaia), direttore del Servizio Trasfusionale dell’Azienda Ospedaliera di Padova. È lei a organizzare in questi giorni la nascita della prima Banca del plasma in Italia. Ed è sempre lei a coordinare la prima esperienza in regione di cura dei malati di Covid-19 con il plasma ricco di anticorpi, donato da chi ha già superato la malattia.
«L’idea – ricorda la professoressa De Silvestro – è nata ai primi di marzo. La cura con il plasma iperimmune si fa da tantissimo tempo, ma per il Coronavirus c’era solo l’esperienza cinese. Poi c’è voluta qualche settimana per allestire il protocollo sperimentale e avere le autorizzazioni».
Quindi si è iniziato quando, ai primi di aprile, per fortuna l’epidemia iniziava a declinare: «A quel punto avevamo quasi solo pazienti particolarmente gravi, in terapia intensiva. A parte quattro casi compassionevoli, persone per le quali si tenta il tutto per tutto, c’erano 19 degenti, la maggior parte dei quali già in terapia intensiva con ventilazione assistita».
Quindi, mediamente, pazienti molto più gravi rispetto a quelli su cui si è intervenuti sempre con il plasma autoimmune a Pavia. «Tolto il paziente purtroppo mancato, che era già in terapia intensiva da oltre 14 giorni, con presenza di altre patologie gravi che hanno impedito qualsiasi effetto da parte del plasma, gli altri sono andati bene. Sono non solo tutti viventi – prosegue la De Silvestro – ma alcuni sono già dimessi e altri in fase di riabilitazione e rieducazione respiratoria. Nessuno ha avuto risposta immediata, entro 24-36 ore dalla prima somministrazione di plasma, ma in tempi un po’ più lunghi tutti tutti hanno avuto un miglioramento». (G.M.)