Essere del mondo senza essere del mondo, ma dietro l’angolo c’è il rischio di omologarsi e di adagiarsi. I numeri sono in aumento e questo è un segnale di vitalità, ma a volte ci si consacra con poca formazione.
Queste e molte altre osservazioni stanno uscendo dai lavori di gruppo e da quello assembleare del trentesimo Incontro nazionale dell’Ordo virginum delle diocesi d’Italia che sarà accolto, in corso di svolgimento in questi giorni e che si concluderà domenica 26 agosto.
Circa 250 le consacrate presenti alla Casa religiosa “Filippin” a Paderno del Grappa, struttura immersa nel verde alle pendici del Monte Grappa. Per il Patriarcato di Venezia Nella Pavanetto, Katia Vanin e Silvia Marchiori.
Al centro del dialogo e delle riflessioni una domanda: come abitare, da consacrate, il mondo di oggi. Ma anche, di conseguenza, come “educare” se stesse e i fratelli a riscoprire ciò che è vero e bello secondo la logica del Vangelo; e infine come “trasfigurare” le relazioni, facendosi testimoni della misericordia.
Riunite nell’acronimo Swot ci stanno i quattro criteri sui quali le donne dell’Ordo Virginum sono state chiamate a interrogarsi. Rappresentano punti di forza, debolezze, opportunità e minacce dell’esperienza che stanno vivendo.
Nella mattinata di giovedì 23 agosto, concentrandosi su Swot, è uscita una fotografia molto articolata. Quasi il ritratto dell’identità dell’Ordo Virginum.
I punti di forza, per esempio, sono rappresentati dall’essere del mondo senza essere del mondo (appunto), dall’essere immagine di Chiesa, dalla diocesanità come ponte tra clero e popolo di Dio, dal non avere segni distintivi, dalla libertà di espressione, dalla comunione e relazione fraterna. E, non ultimo, dal non avere strutture, il che comporta che si deve provvedere al proprio sostentamento.
Ci sono però – e sono stati identificati con lucidità – dei punti di debolezza. Tra questi la difficoltà nel coniugare vita spirituale e vita ordinaria, il rischio di adagiarsi, quello di omologarsi e disperdersi, quello di isolarsi, la fatica di accettare i cambiamenti causati dalle nuove adesioni, la paura di mettersi in gioco e perfino la tentazione del vittimismo.
Le donne dell’Ordo hanno individuato anche le opportunità della propria condizione: la situazione privilegiata nell’ascoltare il grido del mondo e nell’abitare e servire il territorio, il Papato di Francesco, la canonizzazione di Paolo VI, il 50° anniversario alle porte (sarà nel 2020) della promulgazione del rito, il dare testimonianza e il saper fare bene il proprio lavoro.
Una delle rare esperienze religiose che vede numeri in crescita e giovani donne che si avvicinano incuriosite avverte anche la presenza di minacce: la mondanità in primis, ma anche la gestione non sapiente del tempo libero; ma anche la scarsa indipendenza e il rischio di essere valutate per quello che si fa e non per quello che si è.
Giorgio Malavasi con la collaborazione di Nella Pavanetto