È ormai sempre più evidente che una delle principali sfide che l’Italia dovrà affrontare nel suo futuro prossimo è quella che pongono le famiglie: da un lato quelle che non ci sono, perché vengono fatti sempre meno bambini, dall’altro quelle che sono costrette a lottare contro l’impoverimento e l’incertezza economica.
Una situazione tutt’altro che rosea, ma che più che spaventare deve spingerci a trovare nuove soluzioni. Un tentativo incoraggiante, a tal proposito, viene proprio dal territorio mestrino, dove sabato scorso si è tenuto il convegno “Crescere insieme”, organizzato dal Forum delle associazioni familiari del Veneto, presso il Lux della parrocchia di Carpenedo. Tra i relatori, Loris Montagner, esperto in previdenza pubblica e privata, nonché direttore regionale del Patronato Acli.
Qual è la cosa più importante che le istituzioni possono fare per sostenere le famiglie con bambini piccoli?
Prima di tutto penso che bisognerebbe capire che non esiste un solo tipo di famiglia. Le misure, perciò, andrebbero costruite insieme a chi ha una panoramica del mondo dei nuclei famigliari, dal momento che le esigenze possono cambiare molto. Sicuramente è necessario garantire alle famiglie i mezzi economici per proseguire la maternità e i primi anni di vita del bambino con tranquillità, evitando però fenomeni di discriminazione o riduzioni di diritti per i genitori lavoratori.
Inoltre, pensando alla presenza numerosa di famiglie straniere, sarebbe importante coinvolgere le loro associazioni per aumentare, ad esempio, la loro consapevolezza su diritti e sugli strumenti per integrarsi, al fine di condurli a un livello di conoscenza pari almeno a quello degli altri nuclei familiari, dato che spesso, a livello lavorativo, si tratta di nuclei fragili, più ricattabili sul piano dei diritti. Serve un intervento più attento da parte delle istituzioni.
Si parla molto del ruolo delle istituzioni pubbliche; tuttavia, dato il peso fondamentale del lavoro all’interno della pianificazione familiare, quale ruolo può avere il mondo lavorativo nella promozione della famiglia?
Nel nostro contesto, fatto di piccole e medie imprese, la nascita di un bambino non è ben vista dai datori di lavoro. Occorre cambiare questa logica, poiché gli investimenti pubblici sono sempre meno sostenibili. La ricchezza del Paese, e di conseguenza del suo sistema di welfare, è correlata alla denatalità: meno figli portano a un Paese più povero, con servizi di welfare sempre più ridotti. L’investimento allora non può più venire solo dal pubblico, ma anche dal settore privato, anche perché incrementare le possibilità di welfare familiare gestite dall’azienda fa sì che il lavoratore possa portare un valore sempre maggiore. In azienda, avere un lavoratore con figli deve diventare un patrimonio, di cui la stessa deve saper prendersi cura.
Il problema dell’inverno demografico: cosa si può fare per intervenire la tendenza?
Senz’altro la prima necessità è dare certezze di lungo periodo per chi vuole fare un figlio o anche più di uno. Le misure non possono essere a “spot”. Infatti, un figlio che nasce ha un forte impatto sul reddito familiare, perciò c’è bisogno di interventi che vadano oltre la prossima legge di bilancio. Occorre dunque pianificare sull’orizzonte dell’intera crescita di un figlio: non solo i primi mesi o i primi anni, perché i continui interventi temporanei, pur fornendo un contributo economico, non aiutano nella pianificazione familiare. Serve allora un patto per la natalità, in cui non sia solo il pubblico a intervenire, ma anche il settore privato, perché solo così si prende in mano il problema.
Andrea Maurin