Una multinazionale, 30mila addetti nel mondo e 70 posti di lavoro offerti pochi mesi fa a giovani, senza richiedere nessun tipo di esperienza.
Eppure “no grazie” è la risposta che Graziano Marcovecchio (foto sotto), responsabile risorse umane dell’azienda Pilkington Italia, si sentiva rispondere in aprile da ragazzi di 20-25 anni quando veniva loro data questa occasione. “È troppo lontano da casa” o “è uno stage, solo due mesi, una perdita di tempo” o anche “ho già prenotato le vacanze per il periodo estivo”: ecco le motivazioni utilizzate maggiormente da coloro che si presentavano.
«La situazione era paradossale – spiega Marcovecchio – e ora è quasi totalmente risolta. Offrivamo uno stage retribuito, a Marghera, per due mesi, con un appartamento pagato e con l’alta probabilità di entrare poi nel team della nostra azienda, eppure inizialmente solo 40 dei 70 stage erano stati affidati».
Marcovecchio, fermo nella sua posizione di dare precedenza a giovani più o meno qualificati, sa che se la medesima offerta fosse stata fatta ad un target di 40enni i posti sarebbero stati occupati tutti e senza la minima difficoltà: «Gli adulti sono solitamente in una situazione di necessità e anche uno stage di 2 mesi va bene. I giovani, non avendo le urgenze proprie di un padre di famiglia, ad esempio, ritengono di avere la possibilità di scartare proposte e attendere quella più consona alle loro aspettative».
Ma la fortuna non esiste: «Seneca diceva che esiste il talento che incontra l’occasione, non la fortuna», afferma Marcovecchio. Per i giovani le occasioni ci sono, ma manca una loro capacità di accettare il rischio che queste comportano e di saperle cogliere: «Le nuove generazioni hanno sicuramente più possibilità rispetto alle vecchie: mobilità internazionale, telecomunicazioni, e forse proprio questo li fa sentire legittimati a rispondere “no” alle offerte proposte».
La difficoltà di guardare al lungo periodo, di riuscire a intravedere le possibilità che uno stage di due mesi offre per il futuro, è uno dei problemi principali dei ragazzi: perché rinunciare alle vacanze se dopo due mesi sarei comunque lasciato a casa? Il più delle volte si è spinti a ragionare a compartimenti stagni, a vedere l’utilità immediata, e a non valutare l’utilità futura, nei giovani non scatta la molla dell’interesse se i ricavi di un sacrificio non sono raccolti subito.
«È del tutto inutile essere dei 110 e lode sulla carta se poi non si è in grado di comprendere quando si ha davanti una possibilità da cogliere al volo», aggiunge Marcovecchio.
Se gli istituti scolastici sempre sottolineano l’importanza di un alto rendimento, il mondo del lavoro è alla ricerca, invece, di quel fattore che differenzia un ragazzo da un altro: «Mi ritrovo molte volte a prediligere un capo-scout o un ragazzo che ha esperienze di sport di squadra rispetto ad un ottimo studente che, però, non è mai uscito dalla biblioteca».
Le hard skills, quel pacchetto di conoscenze dato dalla preparazione culturale di ciascuno è importante, ma non è sufficiente: i ragazzi devono sempre più impegnarsi a sviluppare le soft skills, quelle abilità aggiuntive che non vengono insegnate tra i banchi di scuola, ma che caratterizzano la personalità di un ragazzo rispetto ad un altro.
E dopo tutto questo imparare e sviluppare abilità, non resta che rispondere “sì” alle occasioni che si presentano.
Silvia Marchiori