Tenere alto l’orizzonte della politica, avere il coraggio di osare l’inosabile, sentire che l’appartenenza vera è solo quella della fede e che la politica è uno strumento per realizzare il bene comune. E usare la pazienza del tessitore. È l’insieme degli ingredienti per fare buona politica, secondo l’esperienza e la riflessione di Paolo Rossi (a destra nelal foto di apertura).
Operare secondo coscienza e ragione, facendosi domande sul giusto e sull’ingiusto, sul male e sul bene, aldilà delle ideologie: è l’insegnamento che discende dal Vangelo, secondo Mario Pezzoli (secondo da destra nella foto).
Due politici si raccontano. Due storie personali, intrise di passione per la politica e di fede convinta nella Buona Novella, in dialogo. È accaduto venerdì 3 novembre, al PalaArrex di Jesolo, nel primo dialogo su fede e politica promosso dall’associazione “Mons. Giovanni Marcato”.
Paolo Rossi, 73 anni, più volte assessore e vicesindaco a Jesolo, un’appartenenza partitica passata, negli anni ’70, dalla Democrazia cristiana al Partito comunista, sullo stimolo a volte anche drammatico della riflessione politica dei cristiani nel post Concilio. Mario Pezzoli, 56 anni, nipote dell’omonimo podestà fascista a Jesolo, la formazione nel Fronte della Gioventù, un gran risultato da candidato sindaco con Movimento sociale al 17% con titoli sui giornali tipo “Jesolo è nera”; poi due legislature in Parlamento, dal 1994 al 2001.
L’obiettivo dell’incontro era capire, attraverso due storie personali, quanto ha inciso la fede in Cristo nell’impegno politico. Perché la politica, scrive Papa Francesco nella Evangelii Gaudium, “sebbene tanto denigrata, è una vocazione altissima: è una delle forme più preziose di carità, perché cerca il bene comune”.
Sullo sfondo di progetti, opere, soddisfazioni e delusioni molto spesso il Vangelo. E alcuni episodi decisivi, come quello che racconta Paolo Rossi: l’incontro con Giorgio La Pira, il sindaco di Firenze che più di molto altri seppe coniugare, senza interruzione, la fede e la cura della polis: «La Pira – racconta Rossi – venne a Jesolo e io riuscii a parlargli. Mi indicò dei criteri che per me divennero determinanti. Conosceva la Bibbia come le sue tasche, mi disse che la novità da perseguire è quella di nuovi cieli e nuove terre, che si apriranno – e citava Isaia – nel momento in cui il lupo dimorerà con l’agnello, la pantera si sdraierà con il capretto… Cioè quando, anche grazie alla politica, riotterremo l’armonia tra uomo e uomo, tra uomo e natura…».
«E ricordo – conclude Paolo Rossi – che La Pira, parlandomi, vedeva la mia perplessità: “Professore – gli dicevo – mi sembra un’utopia”. E la sua risposta fu: “Ragazzo mio, l’utopia non è altro che un ideale che sta aspettando un progetto”». (G.M.)