I dati sono chiari: l’influenza stagionale è precipitata ai minimi storici. Se lo scorso anno di questi tempi si registrava un indice di contagio di 10,9 casi ogni mille abitanti, ora siamo a poco più di un caso e mezzo (1,6) ogni mille. Nel 2020 a metà febbraio erano già stati colpiti 5 milioni e 632mila italiani.
Quest’anno si conta che 1,6 milioni di persone siano state colpite da una qualche forma parainfluenzale. Sono gli effetti collaterali, almeno in questo caso positivi, della pandemia da Covid-19. Intanto perché una percentuale più ampia di popolazione nei mesi scorsi si era vaccinata contro l’influenza e poi, soprattutto, perché l’utilizzo della mascherina ha ridotto notevolmente le possibilità di contagiarsi. Lo rilevano anche le farmacie che in questi mesi hanno registrato una fortissima contrazione nella vendita dei prodotti antinfluenzali.
Secondo Andrea Bellon, presidente di Federfarma Veneto, le vendite sono precipitate tra il 50% e l’80% a seconda delle farmacie. «Queste mancate vendite portano a un calo delle entrate e dei fatturati delle farmacie – spiega Bellon – ma già da diversi anni la sostenibilità delle farmacie non è dato solo dalla vendita di medicinali per la patologia influenzale, bensì da una serie di prodotti legati al mondo della salute e del benessere». E qui subentra la crisi generalizzata dovuta alla pandemia: «Le persone stanno a casa e non hanno interessi o necessità come al solito. Stando in casa – aggiunge – vengono meno anche le vendite di prodotti per chi lavora e per chi viaggia». Inoltre, continua Bellon, ci sono varie tipologie di dispositivi medici, di farmaci da banco e parafarmaci legati ai viaggi e al tempo libero che con l’annullamento di viaggi e di attività sportive non si vendono: dal solare, al cosmetico, ai prodotti per i viaggi, o quelli per il mal d’auto. Sono farmaci legati a delle dinamiche che per ora non ci sono più. Ancora: con il blocco o comunque la sospensione delle attività ordinarie negli ospedali sono drasticamente diminuite le prenotazioni di visite agli ospedali o ai distretti effettuate nelle farmacie. Visite e interventi, poi, che essendo stati posticipati o annullati hanno comportato una riduzione dell’accesso ad alcuni farmaci ed integratori che sono di prescrizione specialistica.
Il risultato di tutti questi fattori è una certa sofferenza delle farmacie del veneziano e in particolare in quelle del centro storico: «Ci preoccupano perché sono in un numero nettamente superiore rispetto ai parametri di legge e la loro sostenibilità era legata al mondo del turismo. Quindi in assenza di turismo, in questo momento ci sono delle situazioni davvero critiche. Per quanto riguarda la terraferma, la vendita di qualche mascherina non copre il calo del fatturato e c’è una minor propensione a spendere, però la situazione non è quella di Venezia. In terraferma la farmacia viene ancora percepita come un presidio di prossimità, vicina ai cittadini, storicamente collocata nel quartiere o nel paese dove può anche aver chiuso lo sportello bancario o la Posta ma la farmacia è rimasta. Questo garantisce un afflusso abbastanza stabile – chiude Bellon – rispetto ad altre attività che sono state anche più penalizzate delle farmacie in questo periodo».
Marco Monaco