Due giovani su tre si dicono “ottimisti” per il futuro. E a immaginare il proprio futuro migliore di quello dei propri genitori sono il doppio rispetto a pensa sarà il contrario. Ma ancora in due su tre affermano che la propria vita reale è distante (molto o abbastanza) dalla propria vita ideale.
Sono queste alcune delle principali “istantanee” che emergono da un’indagine svolta da Ipsos in collaborazione con l’Osservatorio IUSVE “Giovani e futuro”, che ha coinvolto un campione rappresentativo di 2.000 giovani italiani d’età compresa tra i 16 e i 26 anni.
Il 63% degli intervistati si dice appunto “ottimista” o “abbastanza ottimista” per il futuro, anche se il 37% di chi è in territorio “pessimista” è più di una spia d’allarme di cui tener conto. I capisaldi per affrontarlo restano la “famiglia” (51% di risposte) e “l’amore e la vita affettiva” (46% di risposte), una sorta di comfort zone per gestire meglio il timore di “non riuscire a realizzare i miei obiettivi di vita”, segnalato come quello più sentito con il 43% di risposte, o di “non avere un lavoro che mi permetta di essere economicamente indipendente”, a seguire con il 42% di risposte.
Riscontri in chiaroscuro, sul crinale tra volontà di mettersi alla prova e percezione degli ostacoli da superare, che come noto nel Paese del degiovanimento strutturale non mancano. Ben il 66% degli intervistati afferma infatti che la propria vita reale è distante (molto o abbastanza) dalla propria vita ideale, registrando così una frustrazione delle aspettative che sarebbe miope ignorare.
Inoltre, per un verso il 61% si dice determinato (anziché “non determinato”, con il 39%), il 59% sereno (contro il 41% di chi si dice preoccupato), il 58% capace di adattarsi alle situazioni (vs “incapace di adattarsi alle situazioni”, con il 42%), il 52% felice (contro il 48% di infelici) e il 51% ottimista (rispetto al 49% di pessimisti).
Per contro, questi stessi dati denotano un’estesa area di giovani il cui stato emotivo è maggiormente improntato alla sensazione di trovarsi in maggiori difficoltà e di avere meno strumenti per affrontarle. In questa situazione, però, non c’è spazio per l’autocommiserazione o per quella volontà debole di frequente attribuita in modo stereotipato ai giovani italiani.
Se il 56% dei rispondenti 16-26enni, infatti, ritiene che i giovani di oggi abbiano “più problemi” di quelli di ieri (rispetto al 33% che nel confronto intergenerazionale vede “uguali problemi” e all’11% “meno problemi”), la quota di chi nel confronto con i genitori vede più opportunità (42%) e meno opportunità (43%) è pressoché identica; non solo, ma il 40% dei giovani intervistati pensa che nel futuro avrà una situazione migliore (a livello economico, di reddito e di lavoro) migliore rispetto a quella dei genitori, contro il 18% di chi pensa sarà peggiore e il 27% di chi reputa sarà uguale.
«I giovani adulti che emergono dall’indagine – afferma Davide Girardi, responsabile dell’Osservatorio IUSVE “Giovani e futuro” – sono ben consapevoli delle sfide che li attendono nei prossimi anni e non si aspettano alcuno sconto. D’altra parte, però, sono anche consci che farcela in assenza di un investimento pubblico nelle loro competenze e nelle loro potenzialità è molto più arduo. In questo senso, rappresentano per un verso la volontà di essere protagonisti del cambiamento – soprattutto sul tema della sostenibilità e dell’intelligenza artificiale – ma non si nascondono il timore di fallire. Questo timore va preso sul serio, anche alla luce del disinvestimento nei propri giovani che il Paese ha dimostrato nel corso degli anni e della contrazione demografica che vede proprio la componente giovanile, quella più strategica per il futuro, ridursi in modo più che evidente e pericoloso per il futuro del Paese stesso».