«In futuro ci troveremo il Covid-19 come ci troviamo l’influenza: una pandemia che non scompare e che ha dei picchi ripetuti stagionali». È la previsione di Giorgio Palù, virologo, presidente dell’Agenzia italiana del farmaco, già primario a Padova.
Presto per dire quanto durerà l’immunità stimolata dal vaccino (anche se ci sono studi che parlano di sei mesi), ma non tanto presto – spiega Palù – per dire che il virus che ha cambiato la vita del pianeta nel 2020 farà di tutto per persistere.
Ed essendo a bassa letalità – tra lo 0,25 e lo 0,50%, dice il virologo – ha migliori probabilità di rimanere in circolazione rispetto a virus ben più letali, come Mers che, quando è comparso, portava a morte nel 37% dei casi, o Sars, che registrava il 10% o, peggio ancora, Ebola, che all’inizio uccideva nove persone infettate su dieci. «Ma quelli sono virus che uccidono l’ospite e quindi eliminano se stessi. Non conosco nessun virus che, per sopravvivere, non si sia adattato all’ospite».
Intanto, però, la difesa principe contro il Covid sarà il vaccino. Intervenuto oggi al consueto incontro del presidente del Veneto Zaia con i media, nella sede della protezione civile a Marghera, Palù riprende: «Entrambi i vaccini che verranno a breve inoculati, quello di Pfizer e quello di Moderna, hanno un’ottima caratteristica: quella di prevenire l’infezione. Cioè bloccano il virus e gli impediscono di accedere alle cellule. Il che è decisamente meglio rispetto a quanto fanno alcuni altri vaccini, che proteggono dalla malattia, ma non dall’infezione: è il caso di quello contro l’Herpes zoster; tant’è vero che l’infezione resta nel nostro organismo e può ricomparire dopo anni».
Il limite – ma è molto modesto, sottolinea Giorgio Palù – dei due vaccini che stanno per arrivare in Italia è «che hanno effetti collaterali un po’ maggiori rispetto ad altri vaccini: nel 50-60% dei casi producono febbre, stanchezza, mal di testa e dolori muscolari. Ma è cosa di poco conto e, dopo l’iniezione, non c’è bisogno di osservare alcuna precauzione».
Una parola, infine, sulla variante inglese e sulle mascherine: «Una collega di Ancora mi ha telefonato stamattina – racconta il presidente dell’Agenzia per il farmaco – dicendomi che la variante inglese c’è in Italia in soggetti che non sono mai andati in Inghilterra. Bastava sequenziare il genoma del virus e ce ne saremmo accorti prima».
Il che vuol dire che che il trambusto creato attorno alla variante inglese è stato immotivato? «È stato un allarme eccessivo», risponde Palù: «La variante aumenta l’infettività, ma non la letalità. E non interferisce sui vaccini, che restano efficaci».
Efficaci al punto che quando, in Italia, si sarà riusciti a vaccinare il 60-65% della popolazione, si potrà sperare di aver raggiunto l’effetto gregge e di poter finalmente tornare a una normalità pre-Covid, con la pandemia quasi dimenticata: «Ma non per questo – conclude Giorgio Palù – bisognerebbe abbandonare la mascherina: come fanno gli asiatici, il portarla ci difende anche da raffreddori e influenze». Sarà, ma una vita da persone velate non è gradevole…
Giorgio Malavasi
Il virologo Palù: «Il Covid-19 ce lo ritroveremo come l’influenza. Ma diventerà irrilevante se vaccineremo i due terzi della popolazione»
giorgiomalavasi
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