«Quale è l’aspetto più pregnante del pontificato di Papa Francesco? Sicuramente quello di ritornare all’essenziale del Vangelo». A dirlo è Gian Guido Vecchi, vaticanista del “Corriere della Sera”, a margine della presentazione della tappa finale dei cinque finalisti del Premio Campiello 2018.
La presentazione si è svolta al Grande albergo Ausonia Hungaria del Lido di Venezia, domenica 29 luglio. Vecchi, che ha moderato l’incontro, ha poi raccontato per genteveneta.it qualcosa del “suo” Papa Francesco.
«Di Papa Bergoglio – sottolinea Vecchi – colpisce la volontà di tornare all’essenziale del Vangelo, anche quando questo significa andare controcorrente. Personalmente ho seguito come vaticanista tre Papi ed è un’esperienza affascinante, ricca, ma anche carica di responsabilità che ci interroga come cristiani e giornalisti».
Cita un episodio tra i tanti raccontati e raccolti da cronista in prima persona. «Ricordo il primo viaggio intercontinentale che fece Bergoglio per partecipare a Rio de Janeiro alla Giornata mondiale dei Giovani. Un ragazzo chiese al Papa come si fa a essere cristiani. La sua risposta è stata chiara: “Leggetevi e mettete il pratica il capitolo 25 del Vangelo di Matteo e le Beatitudini”. Così si inquadra anche una scelta chiara del pontificato del Papa argentino».
Vecchi conclude sottolineando una costante del pontificato di Jorge Bergoglio: «Andare a visitare tutte le popolazioni che soffrono e di cui solitamente nessuno parla, perché non portano soldi o guadagno. La presenza del Papa diventa come un raggio di luce per dare visibilità e far conoscere i loro problemi. Ricordiamo anche che il suo primo viaggio è stato proprio a Lampedusa per visitare i migranti».
Lorenzo Mayer