«La nostra società ha bisogno di imprenditori che rendano conto di sé nella società e che garantiscano il benessere». Lo ha sottolineato il Patriarca nell’omelia della Messa celebrata nel tardo pomeriggio di venerdì 29 in San Marco. Presenti, in particolare, gli imprenditori di Confindustria Venezia, Area Metropolitana di Venezia e Rovigo.
Mons. Moraglia ha invitato a riflettere a partire dal fatto che Gesù stesso «ha costruito la sua impresa non individualmente, ma costruendo una comunità».
La relazione è perciò la modalità basilare ed è fondamentale anche per l’imprenditore e per il valore etico della sua azione: «Svolge un compito fondamentale: offrire lavoro e produrre insieme ad altri il reddito. E il reddito e la ricchezza consentono la tranquillità di tanti cittadini. Perciò il ruolo dell’imprenditore è rilevante in quanto è il soggetto cui spettano scelte fondamentali che ricadono sugli altri. Dal suo rischio calcolato, dalla sua intelligenza e prudenza dipendono il benessere e la qualità della vita dei lavoratori».
Nel dire il valore sociale dell’imprenditore il Patriarca richiama anche i principi della Costituzione italiana: «Il produrre lavoro e garantirlo diventa una operazione politica fondamentale, la struttura portante della nostra società. La nostra convivenza sociale cosa sarebbe senza lavoro? Quando manca il lavoro, manca la possibilità di programmare la propria vita. E allora sappiate che esercitate una funzione quasi sacerdotale, di aiuto sostanziale alla comunità!».
Ma la grandezza di questa funzione si completa solo quando non se ne scorda il limite. Il pericolo è il lasciarsi prendere dalla percezione di onnipotenza: «E allora una virtù, per chi è a capo di una impresa, è l’umiltà. È importante comprendere che, ad un certo punto per essere fedeli al sacrificio di una vita, bisogna anche passare la mano. Ed è faticoso, certo. Ma l’umiltà si declina anche con una programmazione serrata, impegnativa: diventa qualcosa che ci aiuta a rimanere uomini perché qualunque compito la vita ci dia da assolvere alla fine, anche se si sono raggiunti i vertici, ci deve ricordare che siamo uomini. Cioè che siamo un po’ come l’erba del prato: al mattino fiorisce, alla sera è già seccata. E allora si padroneggia il proprio compito se se ne rispettano i limiti. Uno strumento, infatti, è padroneggiato se conosciamo quello che quello strumento non può fare».
Umiltà, dunque, che non sminuisce l’importanza del ruolo dell’imprenditore, anzi: «È importante anche saper trattare gli altri come dei pari grado, pur nel rispetto dei ruoli. Guardare le persone stando al loro livello è importante. Anche la Chiesa, d’altronde, è stata una impresa in cui Dio ha rischiato fidandosi degli uomini e sapendo che non tutti gli uomini sono uguali. Ne scelse dodici e uno di questi era Giuda. A tutti Gesù offre la possibilità di seguirlo nella responsabilità personale. Perciò anche chi fa impresa – conclude il Patriarca – a fine giornata riservi qualche istante per guardarsi dentro e leggere qualche versetto del Vangelo».
(Con la collaborazione di Marta Gasparon)