«A Chioggia c’è un detto: “per un ordine ghe vol un disordine”, ma non possiamo mandare all’aria un intero comparto mettendo a rischio l’economia dell’allevamento di vongole», afferma Maurizio Marangon, itticoltore e consigliere della rete di impresa degli Allevatori vongole veraci di Chioggia.
«Il granchio blu – prosegue – è sì un problema, ma nemmeno il più grave al momento, perché se il canale di Sacca Toro, il nome con cui chiamiamo l’area in cui sfocia il Brenta nella parte sud della laguna, non verrà dragato permettendo di aumentare la portata di acqua dolce del fiume, le nostre semine non avranno scampo per l’aumento della salinità causata dal Mose e per il proliferare dei murici. Siamo arrivati fino alle autorità nazionali ma non abbiamo avuto risposte: di questo passo fra otto mesi al massimo il nostro settore sarà decimato».
«Abbiamo cambiato le semine e siamo riusciti a mantenere la produzione che però è diminuita negli anni per il progressivo interramento dei canali», continua il racconto di Marangon. «Samo passati dall’avere fino a tre metri di profondità a solo 80 centimetri. Prima si facevano 300-400 quintali all’anno, adesso per singola azienda se si arriva a 30/40 è un successo. Abbiamo perso almeno il 60% della capacità produttiva, ma con lo scavo di Sacca Toro ci potremmo salvare. Oggi solo andare da Chioggia ai vivai costa almeno 70-80 euro di benzina: farlo tutti i giorni costringe a lavorare quasi gratis, considerando anche che i molluschi devono passare nei centri di depurazione autorizzati per essere venduti e ci sono anche altre spese. Non ci sono alibi per non fare questi scavi, possono essere fatti anche con acqua calante e non è necessario fermare la nostra produzione. L’ultimo dragaggio è del 2012».
I ristori finora non sono arrivati. «Lo scorso novembre abbiamo presentato un progetto alla Regione e a Veneto Agricoltura, oltre al Provveditorato Interregionale (l’ex Magistrato alle Acque), da lì poi si è tutto arenato una volta arrivato all’Ispra», aggiunge. «I tempi della burocrazia non sono quelli della natura, se non facciamo nulla qui si rischia che metà delle aziende che lavorano in Sacca Toro chiudano entro inizio 2025: ci siamo esposti con le banche e non abbiamo ricevuto nessuno dei ristori promessi. Almeno dobbiamo essere messi in condizione di poter lavorare, altrimenti si mettono a rischio almeno 400 posti di lavoro con un impatto economico e sociale devastante per Chioggia. Ci sentiamo abbandonati, nonostante la vicinanza di Coldiretti con Alessandro Faccioli e il direttore di Chioggia Silvano Bugno e della Regione, nella figura del consigliere Marco Dolfin. Per questo siamo pronti da settembre a manifestare».
Reti per tenere a bada il granchio blu. E la minaccia del granchio blu? «Ci siamo attrezzati per tenere testa alla specie aliena riuscendo a produrre, seppur in calo», spiega l’itticoltore. «L’unica soluzione è pescarlo tutti i giorni curando il vivaio, è impensabile infatti lasciare le vongole a sé stesse per 6/8 mesi a crescere dopo la semina, come si poteva fare una volta. Il granchio si riproduce dove c’è “sporcizia”, ovvero alghe e altri prodotti marini, per cui per prima cosa dobbiamo assicurare le condizioni per rendergli la vita difficile. In aggiunta realizziamo recinti con pali ancorati al fondale che emergono dall’acqua per sorreggere delle reti, per ostacolarne il passaggio, oppure con dei teli ancorati al fondale copriamo i molluschi e usiamo gabbie con esche per attirare i voraci crostacei».
Ma c’è una sorpresa: il nemico è anche un altro… «Il nemico numero uno per noi è un altro, sono i “garusoli” – spiega – noti anche come murici o bulli. Sono una specie predatrice, famosa perché da loro si ricavava la porpora. Sono voraci di vongole e depongono milioni di uova a formare le caratteristiche “spugne”. Con l’aumento della salinità stanno proliferando in Sacca Toro, dove una volta si produceva la quasi totalità delle vongole di Chioggia. Oggi le aree in cui è possibile farlo sono sempre di meno e produrre così provoca un aumento dei costi insostenibile. Chioggia è la prima marineria d’Italia per barche e la seconda per produzione, per cui senza un aiuto rischiamo di azzerare il futuro per i nostri giovani e buona parte della nostra tradizione di pescatori e itticoltori».
Quando nell’acqua c’è troppo sale… «L’impatto del Mose infatti ha comportato un aumento della salinità della laguna, soprattutto nell’area chioggiotta, «perché dalla diga entra molta acqua salata e le acque dolci dei fiumi non riescono a bilanciarla. Siamo passati da un 25-28%, ideale per le vongole a un 33% con picchi del 38%. Questo ha causato non solo morìe maggiori ma anche la riduzione delle aree in cui si può allevare il nostro mollusco. Non ce l’abbiamo con nessuno – conclude Marangon – ma queste lungaggini burocratiche rischiano di schiacciarci, l’Europa è assente e le nostre richieste arrivate a Roma restano senza risposta. Questa volta noi chioggiotti non ce la possiamo cavare da soli; per questo assieme a Coldiretti chiederemo un tavolo tecnico con Veneto Agricoltura e il Provveditorato e anche il Prefetto. Se non avremo risposte, non ci arrenderemo senza averci almeno provato fino alla fine».
Massimiliano Moschin